mercoledì 15 gennaio 2025

The Seed Of the Sacred Fig ( Mohammad Rasoulof , 2024 )

 




The Seed of the Sacred Fig (2024) on IMDb
Giudizio: 8/10


Il cinema di Mohammad Rasoulof ha sempre sfidato con coraggio i limiti imposti dalla censura e dalla repressione politica in Iran fino a giungere al punto di rottura consumatosi con questa opera a causa della quale ha ricevuto una condanna ad 8 anni di carcere dalla quale si è salvato espatriando clandestinamente e trovando rifugio in occidente proprio poco prima che il film venisse presentato a Cannes, raccogliendo trofei e riconoscimenti pressoché unanimi dalla critica, seguiti da una scia interminabile di premi in ogni angolo del mondo.
In effetti il successo raccolto dal lavoro di Rasoulof non può che essere intimamente legato alla vicenda personale del regista e a quella di alcuni degli attori impossibilitati a recarsi a Cannes, oltre che ad ergersi come una delle forme artistiche più prepotenti nel denunciare lo stato di persecuzione che una parte della società civile subisce in Iran, facendolo senza alcun filtro o metafora , ma prendendo di petto il sistema teocratico che tiene in scacco il paese.  
Con The Seed of the Sacred Fig, il regista, da sempre impegnato nella lotta civile per la democratizzazione dell’Iran, alza ulteriormente l'asticella, confezionando un'opera stratificata che indaga le contraddizioni dell'Iran moderno attraverso un approccio non solo politico ma anche sociale e più intimo andando a descrivere come le contraddizioni e la repressione brutale possano condizionare e sconvolgere persino i legami famigliari, un po’ come avvenne nel periodo della Rivoluzione Culturale in Cina. 
Il titolo stesso, che richiama il fico sacro ,sia per il Buddhismo che per l’induismo , e per la sua peculiare maniera di nascere e crescere, descritto brevemente in una nota che precede l’inizio del film, avrà un senso molto più chiaro una volta finita la visione della pellicola. 
Il film si sviluppa attraverso le vicende della famiglia di Iman, appena promosso a  giudice istruttore, evento che comporta non solo una sorta di scalata sociale ma anche la possibilità di avere un appartamento più grande e altri vantaggi riservati all’estabilishment teocratico; l’uomo è  noto per la sua inflessibile applicazione delle leggi islamiche e per la sua moralità integerrima, che lo porta  a fare i conti con una crisi di coscienza quando gli viene chiesto di firmare la condanna a morte per due  giovani colpevoli di avere manifestato contro il regime . 



Al centro della storia ci sono anche le dinamiche familiari con sua moglie Najmeh, che cerca di mantenere unita la famiglia nonostante le crescenti tensioni, e le figlie Rezvan, una giovane studente universitaria che inizia a mettere in discussione i valori del padre e della società teocratica persiana e alla quale viene imposto di fare attenzione nelle scelte delle compagnie ora che il padre svolge un lavoro di responsabilità e comunque sotto il mirino dei contestatori , e Sana, la figlia più piccola, ancora non pienamente consapevole delle contraddizioni che la circondano. 
Gli eventi precipiteranno quando sparirà da casa la pistola che era stata assegnata a Iman con il rischio che tutto ciò che l’uomo aveva ottenuto con la sua indefessa lealtà al regime svanisca in un attimo: la famiglia sarà scossa nelle fondamenta e verranno a galla quelle che sembravano solo delle piccole tensioni superficiali
L’interrogatorio che Iman organizza per le sue figlie, sospettate di avere sottratto la pistola al padre, con la collaborazione di un amico ufficiale di polizia, è una delle scene più emblematiche del film. Questo momento drammatico e surreale, in cui le ragazze vengono costrette a confessare quello che potrebbero non aver compiuto  all'interno delle mura domestiche, simboleggia l’intrusione dell’integralismo ideologico e religioso nella sfera più privata. Il paradosso che ne emerge è sconcertante: il giudice, pur amando le sue figlie, si lascia accecare dal dogma, incapace di vedere come i suoi metodi stiano distruggendo il legame familiare.
Uno dei pilastri del film è l’esplorazione di come l’integralismo religioso penetri ogni aspetto della vita sociale e familiare. Iman rappresenta l’uomo che si è fatto strumento del sistema, ma che gradualmente inizia a vedere le crepe nella sua fede incrollabile. La sua crisi di coscienza si riflette nella crescente ossessione per il significato di giustizia, un concetto che il sistema stesso ha svuotato di senso, ma d’altra parte il suo ruolo di padre in una società fortemente patriarcale, gli impone di non poter perdere la faccia davanti alle figlie e alla moglie e nonostante i suoi tentativi di contrastare la china messa in atto, la crescente contrapposizione della parte femminile della famiglia lo porta verso l’accecamento della ragione.
Ogni membro all’interno della famiglia vive la repressione in modo unico, offrendo una visione sfaccettata delle contraddizioni  dell’Iran contemporaneo: Iman è il rappresentante di un sistema che schiaccia l’individuo in nome della collettività ,Rezvan incarna la generazione giovane, intrappolata tra l’eredità culturale e il desiderio di emancipazione e la crescente insofferenza verso l’oscurantismo del fanatismo religioso, Najmeh cerca di mediare tra il marito e le figlie, simboleggiando il ruolo complesso delle donne in una società patriarcale nella quale le madri fungono da stabilizzatrici cercando di coniugare i valori della famiglia con le aspirazioni più liberali.
Rasoulof adotta uno stile austero, fatto di lunghi piani sequenza e inquadrature statiche che enfatizzano la rigidità delle vite dei protagonisti. La luce naturale domina le scene, creando un contrasto con l’oscurità morale e sociale che permea il film. Particolarmente efficace è l’uso del suono: i rumori metallici delle porte chiuse e delle serrature diventano un leitmotiv, simbolo della reclusione fisica e psicologica che definisce la vita in Iran. Questo stile amplifica la fortissima denuncia contenuta nel film, che si propone non solo come un ritratto delle contraddizioni dell’Iran contemporaneo, ma anche come una testimonianza e un’assordante voce di protesta e di civiltà.
The Seed of the Sacred Fig si inserisce in un contesto storico e politico preciso, in cui la repressione delle libertà personali è una realtà quotidiana. Il film riflette l’Iran post-proteste del 2022 , quelle seguite alla uccisione da parte della polizia religiosa della giovane Mahsa Amini , rea di non indossare il velo,  in cui il regime ha intensificato la sua oppressione per mantenere il controllo. Rasoulof ci mostra un paese diviso tra chi aderisce al sistema e chi cerca di resistergli, spesso pagando un prezzo altissimo e lo fa non solo con immagini di finzione , ma anche inserendo numerosi inserti di repertorio, girati quasi tutti clandestinamente che riprendono le violenze perpetrate dalla polizia contro i manifestanti.
Con The Seed of the Sacred Fig, Mohammad Rasoulof ci offre un film potente e profondamente umano, che denuncia le ingiustizie dell'Iran contemporaneo senza mai scadere nella retorica. L’opera riesce a coniugare una narrazione intima con una visione universale, invitando lo spettatore a riflettere sul significato di giustizia, responsabilità e resistenza; il film non è privo di qualche punto debole (il finale ad esempio è tutt’altro che convincente) ma al contempo si impone come un’opera che conferma il coraggio e la maestria di un regista impegnato in prima linea, almeno finché ha potuto.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Condividi