Giudizio: 5/10
domenica 19 ottobre 2025
The Phoenician Scheme [aka La trama fenicia] ( Wes Anderson , 2025 )
domenica 14 settembre 2025
El Jockey [aka Kill the Jockey] ( Luis Ortega , 2024 )
Giudizio: 8/10
Luis Ortega costruisce con El jockey (Kill the Jockey come titolo internazionale), lavoro presentato a Venezia in Concorso dove ha ottenuto premi collaterali e da dove ha iniziato una lunga carrellata di partecipazioni a festivals, un neo–noir surreale che si diverte a sabotare qualunque cornice di genere: è insieme crime, farsa, melodramma amoroso e “sports movie” di riscatto, ma continuamente spostato su un piano onirico e burlesco.
Non stupisce che la critica anglofona l’abbia descritto tanto come “surrealist neo-noir psychological drama” quanto come “wild and surreal crime comedy”: due definizioni solo in apparenza inconciliabili, perché il film vive esattamente nella frizione fra questi poli.
Remo Manfredini è un fantino leggendario e autodistruttivo, grandi vittorie ma anche grandi cadute, praticamente in mano ad un boss malavitoso che manovra le scommesse delle corse dei cavalli e verso il quale ha un debito cospicuo; suo contraltare la fidanzata, anch’essa fantina, in attesa di un suo figlio, che cerca di proteggerlo e di tirarlo fuori dai guai. Un incidente (che costa la vita a un cavallo) e che impedisce a Sirena , il boss, di guadagnare un bel gruzzolo, lo scaglia fuori pista, ricoverato in apparenza senza possibilità di uscirne più in un ospedale.
Ma poi qualcosa succede: Remo sembra riprendersi, si mette addosso quello che trova , anche abiti femminili e scompare dall’ospedale scivolando nella pancia notturna di Buenos Aires mentre Sirena, e Abril, compagna e collega incinta, provano a ritrovarlo.
Ortega usa questa premessa da thriller di caccia all’uomo per un viaggio picaresco a episodi, fatto di incontri, travestimenti e svolte che sembrano partorite dal sogno.
La struttura è ellittica e centrifuga, a tratti sembra di salire su una giostra da luna park: ogni segmento ribalta il precedente, imponendo allo spettatore una continua ri–negoziazione di senso; il “ritmo” non è quello della progressione sportiva (allenamento–caduta–rimonta), ma del vagabondaggio: Remo come un Arlecchino metropolitano attraversa micro-mondi (camera d’albergo, sale da ballo, retrovie del gioco clandestino) che si aprono e si richiudono come baracconi di un circo sgangherato, dando una impronta sempre più surreale al racconto.
Visivamente, Ortega predilige sbilanciamenti di tono: realistico sporco subito strappato da inserti assurdi, gag muta e faccia impassibile dello straordinario protagonista che – come è stato notato – ricorda la maschera del cinema slapstick (Buster Keaton come santo laico del film). È un pastiche consapevole: il noir viene alleggerito dal comico, il comico viene inquietato dal perturbante con lo sfondo di una Buenos Aires vintage che lascia fluire quel fatalismo e quelle atmosfere vissute che sono uno dei punti di forza cinematografici del cinema argentino.
Il cuore del film è l’idea che l’identità sia un abito di scena: la indossi, ti indossa, poi smette di starti bene. Remo si muove lungo un continuum di genere e ruolo, fino a spingersi in una metamorfosi che il film tratta con naturalezza e ironia: “Remo diventa Dolores” in uno dei passaggi più discussi, evitando di rubricare la trasformazione come “colpo di scena” e lavorandola invece come rivelazione di qualcosa che c’era già. È una scelta che scarta tanto il didascalismo sociologico quanto la pruriginosa “freakification”: la fluidità è messa in scena come linguaggio del desiderio (di sopravvivere, di amare, di cambiare pelle) più che come tesi.
Sul piano teorico, Ortega gioca con l’idea – dichiarata dal regista – che “nessuno sa chi è”, e che alcuni restano aggrappati al proprio personaggio. È un cinema che smonta la categoria del “vero io” e la sostituisce con il vero momento: ciò che sei, ora, in questo frame, in questo travestimento. La maschera diventa verità situata, non menzogna.
Drammaturgicamente, tutto prende avvio da una morte (il cavallo abbattuto) e da un quasi-decesso (l’incidente di Remo); nel loro riflesso si organizza un rito di passaggio: Remo deve “morire e rinascere”, come gli rinfaccia Abril in una battuta-chiave, perché solo una morte simbolica permette di azzerare i ruoli che ti schiacciano e di riemergere come altro da sé. Ortega piega così la grammatica del “film sportivo di riscatto” in una Via Crucis laica, dove l’allenamento non è fisico ma metamorfico.
Remo è presentato come corpo iper-fisico e vulnerabile: cicatrici, astinenze, appetiti. Il film insiste su una animalità magnetica, spesso citata anche dai materiali promozionali, che sbriciola dualismi rigidi (maschile/femminile, umano/animale, padronanza/dipendenza). La corsa del cavallo diventa metafora del desiderio senza briglie: impetuoso, pericoloso, indomabile.
sabato 30 agosto 2025
Her Story / 好东西 ( Shao Yihui / 邵艺辉 , 2024 )

domenica 24 agosto 2025
Sotto le foglie [aka When Fall is Coming] ( François Ozon , 2024 )

mercoledì 20 agosto 2025
Kubi ( Kitano Takeshi , 2023 )

sabato 28 giugno 2025
B for Busy / 爱情神话 ( Shao Yihui / 邵艺辉 , 2021 )

sabato 7 giugno 2025
The Last Dance / 破·地獄 ( Anselm Chan / 陳茂賢 , 2024 )
Giudizio: 7.5/10
giovedì 24 aprile 2025
Sons ( Gustav Möller , 2024 )

Bird ( Andrea Arnold , 2024 )

lunedì 21 aprile 2025
The Shrouds [aka The Shrouds-Segreti Sepolti] ( David Cronenberg , 2024 )

venerdì 18 aprile 2025
Wonderland ( Kim Taeyong , 2024 )

Al centro della narrazione vi è un servizio innovativo, denominato "Wonderland", che permette alle persone di interagire con versioni digitali dei loro cari scomparsi o inaccessibili, ricostruite grazie all'intelligenza artificiale. Un espediente narrativo che apre la strada a numerose riflessioni etiche ed esistenziali.
La storia si sviluppa attraverso due linee narrative principali. Da un lato, Jungin (Bae Suzy), assistente di volo, utilizza il servizio Wonderland per interagire con il fidanzato Taeju (Park Bogum), in coma dopo un incidente. Attraverso l'IA, può continuare a "parlare" con lui, colmando un'assenza che altrimenti sarebbe insopportabile.
Entrambi i racconti mettono in luce le implicazioni di una tecnologia che, se da un lato permette di mantenere vivi i legami, dall'altro solleva interrogativi sull'autenticità delle relazioni, sull'elaborazione del lutto e sui limiti dell'intelligenza artificiale nel sostituire la presenza umana e nel creare un pericoloso corto circuito di identità
Uno dei fulcri emotivi del film è la gestione della perdita: il servizio Wonderland si presenta come una risposta tecnologica al dolore, offrendo un'illusione di continuità con chi non c'è più. Jungin si aggrappa disperatamente alla replica digitale del fidanzato, ma quando Taeju si risveglia dal coma, la realtà si rivela più complessa e dolorosa di quanto lei fosse pronta ad accettare creando una pericolosa dicoltomia tra il personaggio reale e quello digitale con cui era abituata a interagire. La sua esperienza solleva una domanda fondamentale: l'accesso a una replica digitale aiuta realmente ad affrontare il lutto, o lo prolunga in un limbo emotivo?
Allo stesso modo, Bai Li cerca di proteggere la figlia dal trauma della sua imminente scomparsa, sostituendo la sua assenza con un'ombra digitale. Ma può un'immagine algoritmica davvero sostituire la fisicità e il calore di un genitore? Il film suggerisce che la tecnologia, per quanto avanzata, non può ricreare la profondità dell'interazione umana, rivelando le fragilità di una soluzione apparentemente perfetta.
La creazione di simulacri digitali solleva questioni profonde sull'identità. Le copie artificiali di Wonderland non sono semplici repliche: interagiscono, apprendono, simulano emozioni. Ma sono davvero le stesse persone che rappresentano, o si tratta di un'illusione sofisticata? Taeju, una volta risvegliatosi, scopre che una versione di lui ha continuato a "vivere" nei ricordi della fidanzata. Ma chi è il vero Taeju? Quello in carne e ossa o quello rimasto nella memoria artificiale?
Il film riflette sul concetto stesso di esistenza: siamo definiti dai nostri corpi e dalle nostre esperienze dirette, o dalle impressioni e dai ricordi che lasciamo negli altri? In un'epoca in cui le nostre vite digitali diventano sempre più preponderanti, Wonderland mette in discussione la nostra percezione di realtà e di autenticazione dell'individuo.
Il film invita a una riflessione sulla moralità dell'intelligenza artificiale applicata alle relazioni umane. Chi controlla la memoria digitale delle persone? Wonderland è un servizio concepito come supporto terapeutico o nasconde una logica commerciale e manipolatoria? Se è possibile interagire con un defunto, chi garantisce che questa interazione non venga sfruttata a fini economici o politici?
mercoledì 16 aprile 2025
The Substance ( Coralie Fargeat , 2024 )

La protagonista, Elisabeth Sparkle (una convincentissima Demi Moore), è una celebrità in declino che ha costruito la sua carriera e identità sull'aspetto fisico e sulla notorietà. Quando il mondo dello spettacolo inizia a voltarle le spalle, viene a conoscenza di una sostanza sperimentale in grado di creare una versione giovane e perfetta di sé stessa: Sue (una scintillante Margaret Qualley). Il farmaco consente alle due versioni di coesistere alternandosi a scadenza settimanale, ma ben presto la dinamica tra Elisabeth e Sue si trasforma in una lotta per l'esistenza e il dominio dell'identità, nonostante sin dall'inizio del film in più di una occasione ci viene fatto sapere che però le due sono una unica persona e quindi ciò prevederebbe una assenza di competizione.
Quando le regole base di questo diabolico gioco di sopravvivenza vengono violate lo scontro tra le due anime della stessa persona ( ma sarà vero poi?...) portano all'inevitabile catastrofe.
La struttura narrativa del film segue una parabola discendente: inizialmente il "miracolo" della sostanza sembra un dono straordinario, ma con il passare del tempo si trasforma in una maledizione, mettendo in discussione non solo l'identità della protagonista, ma anche i concetti stessi di valore e riconoscimento sociale.
Il cuore pulsante di The Substance è la riflessione sulla società dell'immagine e sul terrore dell'oblio. Nel mondo dello spettacolo, e più in generale nella società contemporanea, l'invecchiamento è vissuto come una condanna.
L’uso della sostanza diventa una metafora per i metodi sempre più invasivi con cui la cultura popolare cerca di sconfiggere il tempo: interventi chirurgici estremi, trattamenti sperimentali, digitalizzazione dell’immagine e manipolazione della percezione pubblica.
In un mondo in cui la visibilità sui social media e la rilevanza pubblica sembrano determinare il valore individuale, il film pone domande cruciali: chi siamo davvero al di là del nostro aspetto? Cosa rimane quando l’immagine non è più sufficiente?
Il film utilizza il body horror in modo efficace per rappresentare il terrore della trasformazione, quasi una maledizione metafisica per avere tentato di alterare le strade della natura; il corpo di Elisabeth, sottoposto a un continuo processo di rigenerazione e deterioramento, diventa un campo di battaglia tra il passato e il presente, tra la vecchia identità e la nuova. La relazione tra Elisabeth e Sue non è solo fisica ma anche simbolica: è la lotta tra il desiderio di rimanere eternamente giovani e la paura di essere sostituiti.
Il tema del doppio è stato esplorato in molte opere cinematografiche, ma The Substance lo declina in chiave postmoderna, facendo emergere le contraddizioni della cultura contemporanea. Sue rappresenta l’ideale inaccessibile della bellezza, ma anche una minaccia costante: se la società desidera solo la versione giovane e perfetta di Elisabeth, cosa succede alla "vera" Elisabeth?
Coralie Fargeat dimostra una padronanza registica notevole, bilanciando l'estetica patinata con sequenze disturbanti. La fotografia, dai colori accesi e saturi, richiama l'estetica della pubblicità e del mondo della moda, per poi sfaldarsi progressivamente in un incubo visivo fatto di carne, sangue e decomposizione.
La colonna sonora e il sound design contribuiscono a costruire un'atmosfera claustrofobica, enfatizzando la tensione crescente e il conflitto interiore della protagonista. I richiami a registi come David Cronenberg sono evidenti, soprattutto nel modo in cui il corpo diventa veicolo di ansie e ossessioni sociali.