martedì 21 gennaio 2020

Midsommar [aka Midsommar-Il villaggio dei dannati] ( Ari Aster , 2019 )




Midsommar (2019) on IMDb
Giudizio: 8/10

A 33 anni e con due opere alle spalle il trentatreenne regista newyorkese Ari Aster è già un personaggio capace di condizionare il panorama cinematografico a livello planetario globale.
Con Hereditary, pur non raccogliendo solo plausi ma anche qualche pernacchia, aveva dato una frustata non indifferente al genere horror, affidandosi soprattutto alle leggende su divinità pagane demoniache.
Era quindi inevitabile, un po' come successo per altro genere di film a Robert Eggers, che il suo secondo lavoro fosse atteso con grande trepidazione e interesse; Midsommar rispetta in pieno l'attesa, perchè comunque lo si voglia leggere e giudicare è un film che va visto, perchè senza dubbio il giovane regista americano ha costruito un'altra pellicola di quelle che rischiano di riscrivere la storia di un genere cinematografico; che vada visto è fuori di discussione, che debba piacere per forza è tutt'altro discorso, perchè Midsommar pur rientrando senza dubbio nel genere horror, spesso considerato B-Movie per eccellenza è tuttavia un lavoro colto , che nasconde tra le sue pieghe uno studio quasi ossessivo antropologico ed etnologico.


Il film inizia subito in maniera tale da creare quel substrato ansiogeno, venato di tensione che sarà un po' il collante di tutto il racconto: Dani è una giovane studentessa di psicologia, frequenta ormai da un paio di anni Christian che invece studia antropologia, ha una sorella che presenta dei chiari disturbi comportamentali, motivo per cui nel momento in cui a Dani arriva una strana telefonata della sorella, cresce in lei la preoccupazione che qualcosa possa essere accaduto; infatti la sorella si è tolta la vita e ha ucciso anche i genitori lasciandola da sola al mondo, da quel momento il suo legame con Christian diventa quasi morboso per sconfiggere la paura della solitudine e dell'abbandono.
Il ragazzo pur soffrendo l'ossessiva presenza di Dani e pur non provando più nulla per lei, per pura pietas non chiude la relazione ed anzi decide di portare con sè la ragazza in un viaggio in Svezia dove , al seguito di uno dei suoi colleghi di università originario di quelle parti, intende studiare il comportamento di una piccola comunità di cui l'amico svedese fa parte.
L'immersione in un mondo che sembra all'inizio bucolico, dove tutti sono raggianti e felici , ben presto, quando Dani , Christian e gli altri ragazzi americani iniziano a frequentare strani riti ed usanze, inizia a mostrare aspetti inquietanti.
Rituali in cui si concretizza il legame degli abitanti del villaggio con il ciclo della vita, canti e balli, esperienze allucinate grazie a bevande a base di funghi allucinogeni avvolgono i ragazzi ospiti in quella che è una festività rituale che si verifica ogni 90 anni nel villaggio in occasione del solstizio d'estate, una festa lunga nove giorni dedicata alle usanze pagane e alle credenze del posto.
Pur continuando ad osservare il tutto con gli occhi di chi sta conducendo uno studio ,  inevitabilmente gli ospiti si lasciano coinvolgere nei riti che animano la festa e quando qualcuno di loro inizia a sparire lasciando di fatto solo Christian e Dani nel villaggio è chiaro che quel clima di armonia che sembrava aleggiare sulla comunità nasconde invece una violenza e una atavica difesa ossessiva della propria identità al punto che agli estranei è ammesso entrare solo per introdurre geni nuovi che impediscano la selezione di una razza derivata dalla stessa linea genetica.

Dani diventerà la Regina di Maggio, uno dei ruoli più importanti all'interno della comunità, Christian sarà usato come puro animale da monta ed il finale si sublimerà in atmosfere surreali, molto simili a quelle che concludevano l'opera precedente.
Se in Hereditary Aster affronta il tema del dramma famigliare attraverso l'accurato studio delle tradizioni demonologiche incentrate sui re degli inferi, in Midsommar lo studio etnologico sulle usanze pagane scandinave è addirittura maniacale e traspare nella ricchezza di tematiche che si incontrano nel film.
Da molte parti è stato fortemente criticato proprio questo ultimo aspetto , accusato di essere un banale sommario di tradizioni e usanze astruse; in effetti in qualche frangente , canti e riti sembrano volgere al prolisso , ma è anche vero che tutto ciò serve a creare l'atmosfera giusta che contrasti con la violenza nascosta e strisciante  che domina nel villaggio, con le sue  regole tribali ferree.
Midsommar è prima di ogni cosa un racconto su un dramma della solitudine generato da una tragedia famigliare: Dani vive la sua solitudine nell'unico modo possibile cioè legandosi morbosamente al fidanzato, pur sapendo che questi non la ama più, il viaggio in Svezia li porta ad affrontare questa profonda frattura che esiste tra loro e a creare l'illusoria convinzione in Dani che possano esistere anche legami famigliari acquisiti (quelli generati nei membri della comunità) che possano surrogare quelli recisi.
L'assimilazione dell'ambiente sui due ragazzi sarà inevitabile e ognuno dei due andrà incontro ad un destino che appare drammaticamente segnato dal momento in cui il fallimento della loro relazione di coppia diventerà certificato.
Uno degli aspetti che più convincono di Midsommar è quello di aver creato un film  pervaso da una tensione che si genera a partire della cattiveria, dalle zone torbide che regolano i legami sociali e famigliari, senza far ricorso praticamente mai al classico colpo di scena da balzo sulla sedia; anzi, cosa più unica che rara per un horror, sfruttando le ben note giornate lunghissime con quasi assenza del buio tipiche della Scandinavia, tutta la storia è inondata da una luce abbagliante  che non sembra regredire mai neppure di fronte all'orrore delle gesta umane e dei riti pagani.
Anche il dramma di Midsommar prende il via da una dissoluzione famigliare che crea in Dani quel senso di solitudine e di abbandono al quale non riesca ad abituarsi ed approda ad un finale nel quale forse la stessa ragazza, dopo aver capito che in quel villaggio tutto, dai pianti alla disperazione agli amplessi , vengono vissuti in forma empatica e corale, riesce a liberarsi da quella dipendenza malata; come altro interpretare altrimenti  il volto di Dani nell'ultima scena che passa dallo stupore attonito al sorriso beffardo?
Il contrasto che si crea tra le immagini bucoliche da giardino dell'eden del villaggio dei dannati (come in maniera un po' forzata recita il sottotitolo italiano) e il coacervo di rigore malvagio, di difesa spietata delle proprie convenzioni sociali, di un inferno che ha però i colori e i volti del paradiso è l'altro aspetto che più colpisce dell'opera di Ari Aster, un ambiente costruito con grande sapienza sia dal punto di vista tecnico grazie ad una fotografia bellissima che da quello narrativo grazie al lento trascinarci verso il fondo di uno stagno limaccioso, nacosto sotto un sole abbagliante, fiori e apparente quiete.
Va detto che Midsommar non è lavoro perfetto, in certi frangenti appare persino pletorico, ma possiede il grandissimo pregio di non essere  scontato: Ari Aster dimostra di essere regista che riesce a tenere insieme una storia anche quando la infarcisce di numerosi temi e aspetti nascosti oltre che sceneggiatore sapiente, scrittore di un'opera colta e raffinata e poco importa se ancora una volta , come fece con la sua osannata opera prima, ci regala un finale per molti versi fin troppo eccessivo, surreale, roboante, difficile da digerire: è lo scotto da pagare quando si riesce a realizzare un lavoro che ha qualcosa da dire, originale e che non passa comunque inosservato.
Non si può non chiudere con un cenno a Florence Pugh, autentica mattatrice del film, splendida interprete di Dani, personaggio difficile e fondamentale su cui ruota tutto il racconto. 


1 commento:

  1. La cosa più sorprendente, infatti, è il contrasto tra la luce accecante e l'inquietudine che trasmette. E poi, secondo me, oltre al discorso antropologico che sta alla base, il film è anche un po' un trattato sulla coppia e gli orrori che spesso vi si nascondono. A me è piaciuto moltissimo.

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