Giudizio: 7/10
Nel 2010 con Confessions il regista giapponese Nakashima Tetsuya diresse uno dei lavori nipponici ancora oggi tra i più noti, sebbene il film, nonostante fosse duro e colpisse diretto allo stomaco, non poteva certo definirsi un capolavoro; a otto anni di distanza la nuova opera , distante anni luce dal punto di vista formale dal glaciale e affilato thriller che era Confessions, riprende le tematiche di fondo trattate sotto una forma che è ben più usuale al regista: It Comes infatti lascia da parte i ritmi lenti e si articola su binari più frenetici, si tinge di autentico horror ( ma non J-horror) atipico ma nel profondo il bersaglio della dura analisi sociale del regista rimane la famiglia ed, estrapolando, la società giapponese.
L'inizio di It Comes mette subito in chiaro quanto detto con una escalation visiva dal grande effetto, così come capiamo sin da subito che nel lontano passato di Hideki si annida qualche oscura presenza che getta le sue lunghe ombre fino al presente.
Si torna però indietro nel tempo: Hideki e Kona sono due giovani belli e realizzati che si sposano e hanno subito una figlia cui viene dato il nome di Chisa, nome che un misterioso personaggio consiglia a Hideki.
L'inizio della vita coniugale è brillantissimo: armonia, bella casa, amici simpatici e quindi la piccola Chisa cui Hideki dedica una sorta di diario giornaliero sotto forma di blog.
Il passato però sembra tornare , quando appare chiaro che qualche presenza spaventosa e molto ostile inizia a insinuarsi nella vita della giovane coppia.
A questo punto nella storia irrompono Nozaki un giornalista semifallito e Makoto una medium per capire cosa sta succedendo nella sua vita famigliare; i due sono personaggi limite, un po' l'opposto, anche socialmente, di Hideki e Kona, che a loro volta però hanno un bel passato che pesa nella bisaccia sulle spalle: il primo è tormentato dal ricordo dell'aborto che impose alla ex moglie, la seconda dal ricordo di una madre che aveva abdicato al suo ruolo; "sono la figlia di una madre cattiva " ripete Makoto quasi a gettarsi addosso le colpe del genitore per espiare anche le sue colpe.
Il mostro che appare , in forme variabili tali che la tensione, seppur sottile è sempre presente nel film , dall'inizio alla fine, diventa sempre più potente, un essere che fagocita , impossessandosene , le persone deboli che cedono , per cui nella parte finale della pellicola vediamo comparire, come un deus ex machina , la sorella di Makoto , Kotoko, una sciamana potentissima, l'unica in grado di cacciare il mostro in un duello finale rituale chiaramente eccessivo ed estremo, che costituisce però il culmine della spettacolarità di It Comes.
Nakashima alterna trovate geniali a errori che in qualche modo compromettono la perfetta riuscita del film; fa iniziare la storia con toni da commedia, nonostante quell'inquietante incipit e l'altrettanto ambigua presenza della ripetuta scena di Hideki da piccolo, poi però lentamente ma inesorabilmente porta a galla quelle che sono le tensioni famigliari, le incomprensioni e la immaturità della giovane coppia di protagonisti.
Quindi con la comparsa della coppia Nozaki-Makoto porta in superficie i rimorsi, tutto quello che è stato rimosso e nascosto in un angolo; facendo seguito a quanto già sviluppato in Confessions Nakashima torna sulla figura dai contorni non nitidi del ragazzino ( "i bambini sono attratti dal male") ma al contempo denuncia con potenza come la scarsa forza della figura del genitore crea delle terribili conseguenze sulla personalità del bambino; la critica poi si allarga alla società , schiava ormai della tecnologia (l'assurdo e ridicolo blog che Hideki tiene con cura ossessiva) ed infine con la comparsa dei Kotoko, le tematiche diventano addirittura universali ed antropologiche: il mostro allegorico sta dentro di noi, nascosto,apparentemente quieto, pronto ad esplodere e a gettarsi nella nostra vita quando noi gli diamo il via con le nostre gesta.
Cosa ci rimane sembra chiedersi Nakashima; i corpi martoriati che procurano dolore sono la nostra salvezza: per capire di essere vivi dobbiamo sentire il dolore, affiancarlo, conviverci, perchè è l'unica cosa che ci salva dall'inedia e dal nulla nel quale possiamo scivolare rinunciando alla nostra esistenza.
It Comes è insomma lavoro piuttosto complesso, non tanto per le tematiche affrontate, quanto per la mole di input che il regista ci spara davanti; inoltre il racconto passa attraverso almeno tre punti di vista principali, quello di Hideki e Kana, quello di Nokazi e Makoto e quello di Kotoko, scelta che appare però più un espediente per rimescolare le carte e ingarbugliare ed arricchire la trama; inoltre , altro difetto del film, il personaggio che più di tutti sembrava quello più ricco di sfaccettature, Kana, è poco indagato ed approfondito.
Nel suo insieme comunque It Comes è un buon lavoro, forse un po' troppo pletorico, ma che sviscera abbastanza bene una serie di tematiche che Nakashima e buona parte del cinema giapponese prendono spesso di petto.
Come nel precedente The World of Kanako Komatsu Nana (Makoto) sorprende , stavolta per la sua maturità nonostante la ancor giovane età; così come Matsu Takako (Kotoko) offre una prova carica di carisma e di fascino.
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