martedì 7 gennaio 2020

Human,Space,Time and Human ( Kim Kiduk , 2018)




Human, Space, Time and Human (2018) on IMDb
Giudizio: 4/10

Piccola premessa indispensabile: per chi scrive Kim Kiduk è stato forse il più importante  cineasta nel condizionare i suoi gusti cinematografici successivi, il vero Virgilio che lo ha condotto nel mondo del cinema asiatico, l'autore che lasciava a bocca aperta coi suoi capolavori.
Poi ad un certo punto qualcosa è cambiato, i capolavori sono diventati lavori ordinari fino all'incredibile e per certi aspetti sconvolgente Arirang che per molti ha decretato la fine artistica di Kim.
Chi scrive ha serbato la speranza che qualcosa potesse ancora cambiare, ed in effetti con Pieta, non da tutti apprezzato nonostante il Leone d'Oro a Venezia , la speranza che il peggio fosse passato diventava tangibile, ma poi arrivò la mazzata Moebius, anche per  questo fortemente controversa è stato il giudizio della critica, che riportò indietro le lancette dell'orologio artistico di Kim.
La speranza non è mai morta ma l'escalation successiva è stata sconcertante, nonostante The Net che un minimo salvava la faccia, fino a questo Human, Space,Time and Human che già nel titolo doveva far pensare a qualcosa di terribilmente pericoloso: con questo lavoro il regista coreano, purtroppo, certifica in maniera incontestabile che il suo tramonto artistico è probabilmente definitivo.


La premessa era necessaria per poter rendere credibile la recensione di questo lavoro, anche perchè i giudizi della critica  sono stati  tutti estremamente negativi , oltrechè , probabilmente anche prevenuti.
Sta di fatto che l'ultima fatica di Kim Kiduk è un film brutto, raccapricciante per la superficialità e il pressappochismo che lo pervade, un puro esercizio didascalico che sembra essere diventato il marchio di scarsissima qualità dei lavori di Kim a partire da Arirang, con la unica eccezione del citato Pietà.
Come detto già la quadripartitura del titolo che è anche nello sviluppo del racconto, richiama con molta furbizia  quel Primavera, estate,autunno , inverno e ancora primavera, una delle grandi opere dell'epoca di splendore del cinema del regista coreano, con molta presunzione tra l'altro, quasi a voler creare un nesso con questa scialba pellicola.
Il racconto si volge su una ex nave da guerra trasformata , chissà perchè, in una nave da crociera, su cui prendono posto tutti personaggi che fanno chiaro e patetico riferimento alle varie classi sociali di cui è composta una società , non solo quella coreana: il politico di nome col suo giovane rampollo, giovinastri teppisti, un paio di coppie di neosposi e di fidanzati, una gang di delinquenti, un manipolo di prostitute , uno strano e silenzioso personaggio anziano che raccoglie terra sulla nave, e ovviamente l'equipaggio; insomma una immagine mataforica che più didascalica e scontata non si può.
Ben presto a bordo i problemi cominciano ad affiorare: il politico mangia un pasto ben più ricercato che gli altri viaggiatori, per di più gli viene assegnato un alloggio più comodo e spazioso, il capo della banda di gangster decide di porsi come guardia del corpo del politico e di suo figlio e li difende dalle proteste degli altri viaggiatori; le battone trovano ben presto lavoro e soldi, gira pure la droga , i teppisti decidono che è ora di divertirsi a stuprare qualcuna delle passeggere e pure il politico decide dietro consiglio del gangster di violentare la neosposina  dopo che già anche lui si era servito.
Unico personaggio che guarda in silenzio e non agisce è l'anziano.

La mattina dopo la notte degli stupri e delle violenze la nave non solca più il mare, bensì veleggia nell'aria circondata dal nulla; questo fatto scatenerà ulteriormente i peggiori istinti dei viaggiatori, il cibo sarà razionato e la nave governata dal tirannico politico e dai suoi sgherri gangster, la crociera si trasformerà insomma in una guerra all'ultimo sangue.
L'infinita parabola metaforica di Kim passa attraverso una ben pretenziosa tematica della concezione del tempo e dello spazio , dove almeno ci risparmia citazioni filosofiche ma si limita a mostrare quanto di più turpe può diventare una umanità avviata all'estinzione sotto gli occhi di una sorta di divinità ( l'anziano) che guarda le violenze non agisce ma prepara il mondo per la sua rinascita.
Sì perchè nella sua visione forzata del mondo e dell'umanità, Kim prevede una rinascita attraverso una nuova vita, peccato che l'ultimo segmento , il ritorno a Human, ci mostri come la nostra razza sia incapace di vivere senza violenza.
Quel vascello volante, dopo che tutti si sono estinti  tranne la giovane pluriviolentata ovviamente gravida, diventerà un nuovo paradiso terrestre ricco di piante e di  nuova vita che la divinità previdente  ha preparato per la rinascita , una nuova terra che fa bella mostra di sè nel globo terracqueo.
La presunzione che mostra Kim è veramente fuori di ogni misura: riscrivere il destino dell'uomo , la sua propensione alla violenza e alla prevaricazione, la perdita di ogni briciolo di morale e la strada verso l'estinzione imboccata, prevederebbe una profondità di sguardo non solo obiettiva ma anche onesta, mentre il suo lavoro è una trafila di luoghi comuni, spesso espressi in modo patetico, buttati lì tanto per richiamare tematiche a lui care: un maldestro tentativo insomma di essere se stesso.
Anche nella descrizione della violenza , soprattutto quella verso i personaggi femminili, riesce a raggiungere livelli di fastidiosità che raramente abbiamo visto nel cinema, proprio da parte di un regista  che aveva saputo trattare in gran parte dei suoi lavori il tema della violenza , dello stupro , persino dell'incesto in maniera che a volte raggiungeva la poesia assoluta.
Questa purtroppo è l'amara sensazione che trasmette questo inutile lavoro e che sembra volere confermare che la vena artistica di Kim è irrimediabilmente inaridita: il tentativo di essere se stesso inseguendo  il se stesso di qualche anno fa  e nel fare ciò vedere il se stesso grande cineasta sempre alle spalle e sempre più lontano, ormai irraggiungibile.

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