Giudizio: 5.5/10
Il mare dell'isola di Giava ha i colori plumbei che gli regala un bianco e nero d'altri tempi; il villaggio dove Siti, la protagonista, vive è affacciato su questo mare e rimanda immagini e colori degni del miglior neorealismo cinematografico e a quest'ultimo si ispira anche la storia della donna raccontata quasi in real time nell'arco di poche ore, una storia di vita difficile, da difendere con i denti in una atmosfera di solitudine e di mestizia.
Siti ha un marito invalido , immobile nel letto dopo un incidente di pesca nel quale ha distrutto la barca comprata con mille sacrifici e ancora da pagare; l'uomo osserva la moglie, non vuole parlare da quando lei ha intrapreso il suo secondo lavoro presso un karaoke bar di notte, i guadagni derivati dalla vendita di frittelle di riso sono insufficienti per ripagare il debito.
Siti ha anche un giovanissimo figlio da crescere e che solo saltuariamente allieta le sue giornate: insomma la protagonista è una donna sola , che combatte una battaglia impari nella quale si innesta anche la sua infatuazione per un giovane poliziotto che vorrebbe sposarla.
Dibattuta tra dovere e voglia di dare una sterzata alla sua vita Siti si perde spesso nell'alcool e nelle droghe prima di tornare a casa quando fa luce; la sua lotta per la sopravvivenza cozza contro la sua ricerca di affetto che il marito ostinatamente si rifiuta di dargli.
Il finale del film che sembra indirizzare verso una evoluzione definita la situazione è però carico di simbolismi e di metafore , soprattutto riguardo al mare cui spesso si riferisce Siti nella narrazione: la metafora del ritorno all'acqua del mare capace solo di donare felicità e non tristezza.
Girato in un bianco e nero seducente il lavoro dell'indonesiano Eddie Cahyono, sotto la patina di un quasi ricercato minimalismo neorealista, nasconde invece una certa ambizione, proprio per il suo rimando a quella corrente cinematografica: lunghi e silenziosi piano sequenza, grande spazio alle tematiche della vita quotidiana, ritratti di personaggi ben poco cinematografici; il problema della pellicola è che però sotto questa coltre ardita nasconde ben poco, non riuscendo la storia a creare neppure la minima empatia coi personaggi , col risultato di apparire di una freddezza glaciale, quasi come il suo bianco e nero, certamente ben costruito ma assolutamente fine a se stesso.
La stessa figura di Siti , così eroica a prima vista, perde spessore quando si trova di fronte agli snodi cruciali del racconto, ed il finale, con la lunga camminata verso il mare che sembra non avere colore, ci vorrebbe restituire l'immagine di una donna che ha comunque deciso di gettare le armi, perdendo.
Sekar Sari si dimostra attrice di buon spessore, ricca di una bellezza poco convenzionale e che impegna tutta se stessa in un ruolo che però è poco convincente per evidenti sbavature di sceneggiatura.
Siti insomma è un'altro di quei lavori che passano senza lasciare segno e di cui si ricorderà forse solo il bel bianco e nero e l'attrice protagonista; peccato perchè il cinema indonesiano ultimamente, ed anche allo stesso FEFF di Udine, aveva regalato lavori sorprendenti.
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