Giudizio: 7/10
Los Angeles: babele di storie e sentimenti.
Frammenti di vita quotidiana che si incrociano e si sovrappongono, quasi fossero un esperimento di fusione in un pentolone magico; vite difficili fatte di isteria , misantropia, tensione razziale , incomunicabilità e meschinità.
E' così che Haggis, esordiente sul grande schermo come regista ma al contempo gran volpone della Tv , nonchè sceneggiatore stimato, ci racconta nell'arco di 36 ore le storie di una decina di personaggi immersi e sperduti nel grande brodo primordiale di Los Angeles: raramente abbiamo visto sul grande schermo la metropoli californiana così nitidamente viva, facendo eroicamente a meno di scritte hollywoodiane, di spiagge assolate e di biondone in bikini; la vediamo invece limpida nei piccoli segni: una stauetta di S.Cristoforo, un camioncino pieno di nuovi schiavi, un gabinetto tramutato in letto di sofferenza, un invisibile mantello che protegge dalle pallottole.
Questa Los Angeles pulsa di una cuore multiforme e multietnico , composta da tanti uomini e tante storie, molte al limite, altre tipicamente in linea col sogno americano della nuova frontiera californiana; nulla appare però scontato e i percorsi dei vari protagonisti sprizzano di una umanità e di una credibilità assolutamente priva di caricature e luoghi comuni.
Il coacervo di vite si dibatte , si contorce , esplode e torna a piegarsi su se stesso; la convivenza è difficile, quando non impossibile e la china porta rapidamente verso il baratro : meschinità ed ossessioni, corruzione e odio strisciante sotto la scorza ormai troppo fina, pronte a deflagrare.
Il film è ottimamente girato , i frammenti di vita son tenuti assieme da una porta che si apre , da un rumore in strada, da una macchina che passa, tutto armonicamente e con cura prestando una lucida attenzione a tutto ciò che può avere un senso nella vita dei protagonisti.
La convergenza finale ci porterà alla beffa suprema, i buoni che diventano cattivi e viceversa, e a chiudere il cerchio delle 36 ore con molto spirito americano e troppo ottimismo e buonismo: un film di lucido e reale pessimismo che negli ultimi 10 minuti si vota al conforto e alla lacrima. Peccato , anche se tutto ciò non toglie nulla al giudizio positivo sul film; purtroppo non sempre un abbraccio o un "ti amo" mormorato al telefono sono in grado di mettere riparo alle macerie.
E' così che Haggis, esordiente sul grande schermo come regista ma al contempo gran volpone della Tv , nonchè sceneggiatore stimato, ci racconta nell'arco di 36 ore le storie di una decina di personaggi immersi e sperduti nel grande brodo primordiale di Los Angeles: raramente abbiamo visto sul grande schermo la metropoli californiana così nitidamente viva, facendo eroicamente a meno di scritte hollywoodiane, di spiagge assolate e di biondone in bikini; la vediamo invece limpida nei piccoli segni: una stauetta di S.Cristoforo, un camioncino pieno di nuovi schiavi, un gabinetto tramutato in letto di sofferenza, un invisibile mantello che protegge dalle pallottole.
Questa Los Angeles pulsa di una cuore multiforme e multietnico , composta da tanti uomini e tante storie, molte al limite, altre tipicamente in linea col sogno americano della nuova frontiera californiana; nulla appare però scontato e i percorsi dei vari protagonisti sprizzano di una umanità e di una credibilità assolutamente priva di caricature e luoghi comuni.
Il coacervo di vite si dibatte , si contorce , esplode e torna a piegarsi su se stesso; la convivenza è difficile, quando non impossibile e la china porta rapidamente verso il baratro : meschinità ed ossessioni, corruzione e odio strisciante sotto la scorza ormai troppo fina, pronte a deflagrare.
Il film è ottimamente girato , i frammenti di vita son tenuti assieme da una porta che si apre , da un rumore in strada, da una macchina che passa, tutto armonicamente e con cura prestando una lucida attenzione a tutto ciò che può avere un senso nella vita dei protagonisti.
La convergenza finale ci porterà alla beffa suprema, i buoni che diventano cattivi e viceversa, e a chiudere il cerchio delle 36 ore con molto spirito americano e troppo ottimismo e buonismo: un film di lucido e reale pessimismo che negli ultimi 10 minuti si vota al conforto e alla lacrima. Peccato , anche se tutto ciò non toglie nulla al giudizio positivo sul film; purtroppo non sempre un abbraccio o un "ti amo" mormorato al telefono sono in grado di mettere riparo alle macerie.
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