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Elegia della solitudine
Koistinen è un povero disgraziato che sbarca il lunario come guardia giurata in un centro commerciale; i benpensanti e gli psicologi lo definirebbero un sociopatico: taciturno , senza amici nè donna, deriso dai colleghi di lavoro, è semplicemente un uomo solo.
Quando una avvenente bionda lo avvicina per scopi molto poco nobili, il nostro proverà se non amore almeno un po' d'effetto per lei, che lo ricambia mettendolo in un guaio che gli costa il lavoro, la casa e che lo spedisce in galera per un anno con l'accusa di favoreggiamento in una rapina.
Lui sopporterà con spirito ben più che evangelico, un po' per un senso di amore e di onestà verso l'imbrogliona e un po' perchè si convince vieppiù che il suo è un destino di perdente.
Come sempre Kaurismaki leviga un po' gli spigoli in un finale dove perlomeno si intravvede un po' di luce.
Questo lavoro del regista finlandese, sempre più apprezzato da chi ama il cinema di qualità, è una sorta di elegia , triste e cupa della solitudine, generata ed amplificata da una umanità senza valori e senza alcuna morale.
Ritratto di perdenti, disegnato a tinte più scure rispetto ai lavori precedenti e messo sullo schermo usando una tecnica cinematografica depurata di ogni aspetto superfluo: immagini nette, fredde, che mostrano una periferia di Helsinki al limite dell'alienante, dialoghi secchi, battute con sguardi fissi a scrutare lontano, commento musicale cha spazia da Gardel, alla lirica e al rock e soprattutto una storia intrisa di grande umanità, quasi uno studio antropologico.
Sembra un po' più pessimista Kaurismaki in questo film: la rivincita morale dei perdenti è appena abbozzata, quasi fosse un lampo, in uno sconcertante e amaro degrado in cui la solitudine sembra la sola risorsa per andare avanti.
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