Giudizio: 8/10
Lacerante saga familiare
C'è profumo di saga familiare nel nuovo lavoro di Hirokazu Koreeda: in poco meno di due ore siamo guidati con grande delicatezza e pudore nelle storie che si intrecciano nella famiglia Yokoyama, radunatasi come tradizione nel giorno dell'anniversario della morte del figlio maggiore.
Tutto l'ambiente infonde un clima di grande serenità ma man mano che proseguiamo nel racconto ci si rende facilmente conto che sotto l'armonia covano situazioni ed intrecci personali non proprio idialliaci.
Il capofamiglia è un anziano medico in pensione, burbero, ancora legato al suo lavoro che vive la delusione di non avere visto nessuno dei figli ripercorrere le sue orme professionali; la madre è una donna culinariamente dinamica che ancora cerca di insegnare alla figlia ricette e segreti di cucina e che vive di continui ed affettuosi contrasti col marito.
Il figlio maschio , restauratore che stenta ad affermarsi nel campo del lavoro, sposato con una donna vedova con figlio al seguito e la figlia femmina sposata con un cialtrone chiassoso e con prole altrettanto chiassosa che brigano per potere andare a vivere nella bella casa dei genitori; su tutti aleggia la figura del figlio morto giovane in mare nel tentativo di salvare un ragazzino che vediamo nel corso del film presentarsi in visita alla casa , come tradizione da quando il suo salvatore è morto, e che diviene l'inconsapevole bersaglio del dolore represso della madre che non allevia in minima parte, anzi rinfocola , il suo senso di colpa.
Tutto viene a galla, in modo pacato ma non per questo meno incombente: la delusione paterna, il senso di inadeguatezza e il rancore del figlio, ancora adesso troppo spesso paragonato e confuso col fratello morto, la possessività materna che si scontra con le dinamiche coniugali del figlio, la totale assenza di moralità della famiglia della figlia, il senso di strordimento del figlio della vedova che vorrebbe vedere nel marito della madre una nuova figura paterna. Tutto viene a galla e nulla si risolverà, mostrando il rimpianto per avere perso il momento adatto per sistemare le cose.
Pur non toccando le vette eccelse di Nobody knows, anche stavolta Koreeda fa centro in maniera splendida: un affresco di famiglia dilazionato in poco più di 24 ore in cui la forza dei sentimenti emerge senza fragore ma con un grande senso di rimpianto; quello che è stato ormai non è modificabile, manca il tempo e forse anche la volontà di non soffrire troppo. I fitti dialoghi sono il vero pezzo forte del film che, lungi dal soffrire di staticità,corre sullo schermo con grande grazia.
Rimane alla fine un amaro senso di incompiuto in cui la gran parte degli spettatori si rispecchierà: quante volte ci è mancato il tempo o abbiamo perso l'attimo fuggente per compiere un gesto piccolo o dire una parola? Vero, la famiglia Yokoyama avrà l'occasione l'anno seguente , al prossimo anniversario, ma intanto il tempo passa......
Tutto l'ambiente infonde un clima di grande serenità ma man mano che proseguiamo nel racconto ci si rende facilmente conto che sotto l'armonia covano situazioni ed intrecci personali non proprio idialliaci.
Il capofamiglia è un anziano medico in pensione, burbero, ancora legato al suo lavoro che vive la delusione di non avere visto nessuno dei figli ripercorrere le sue orme professionali; la madre è una donna culinariamente dinamica che ancora cerca di insegnare alla figlia ricette e segreti di cucina e che vive di continui ed affettuosi contrasti col marito.
Il figlio maschio , restauratore che stenta ad affermarsi nel campo del lavoro, sposato con una donna vedova con figlio al seguito e la figlia femmina sposata con un cialtrone chiassoso e con prole altrettanto chiassosa che brigano per potere andare a vivere nella bella casa dei genitori; su tutti aleggia la figura del figlio morto giovane in mare nel tentativo di salvare un ragazzino che vediamo nel corso del film presentarsi in visita alla casa , come tradizione da quando il suo salvatore è morto, e che diviene l'inconsapevole bersaglio del dolore represso della madre che non allevia in minima parte, anzi rinfocola , il suo senso di colpa.
Tutto viene a galla, in modo pacato ma non per questo meno incombente: la delusione paterna, il senso di inadeguatezza e il rancore del figlio, ancora adesso troppo spesso paragonato e confuso col fratello morto, la possessività materna che si scontra con le dinamiche coniugali del figlio, la totale assenza di moralità della famiglia della figlia, il senso di strordimento del figlio della vedova che vorrebbe vedere nel marito della madre una nuova figura paterna. Tutto viene a galla e nulla si risolverà, mostrando il rimpianto per avere perso il momento adatto per sistemare le cose.
Pur non toccando le vette eccelse di Nobody knows, anche stavolta Koreeda fa centro in maniera splendida: un affresco di famiglia dilazionato in poco più di 24 ore in cui la forza dei sentimenti emerge senza fragore ma con un grande senso di rimpianto; quello che è stato ormai non è modificabile, manca il tempo e forse anche la volontà di non soffrire troppo. I fitti dialoghi sono il vero pezzo forte del film che, lungi dal soffrire di staticità,corre sullo schermo con grande grazia.
Rimane alla fine un amaro senso di incompiuto in cui la gran parte degli spettatori si rispecchierà: quante volte ci è mancato il tempo o abbiamo perso l'attimo fuggente per compiere un gesto piccolo o dire una parola? Vero, la famiglia Yokoyama avrà l'occasione l'anno seguente , al prossimo anniversario, ma intanto il tempo passa......
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