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Rivisitazioni cinematografiche
Pietra miliare
Dopo oltre quaranta anni ancora verrebbe voglia di insultare pesantemente colui che ha tentato di deturpare questo capolavoro presentando un titolo in italiano così assurdo e ridicolo che , soprattutto, spoglia il film del suo senso più intimo, della sua genesi artistica e culturale: eh sì perchè titolo originale e citazione iniziale raramente sono così rappresentativi ed esplicativi di una pellicola che, possiamo ben dire ormai, rappresenta una pietra miliare nella storia del cinema, un paradigma cui tanta cinematografia in tutto il mondo ha fatto riferimento.
Mai descrizione di un killer è stata così grandiosa e geniale , nella sua solitudine, nel suo travaglio, nel suo modo di essere contro tutto e contro tutti: quante volte abbiamo visto nei noir di Hong Kong personaggi simili? Quanto di Melville c'è in larga parte dei gialli e dei noir francesi ed europei?
Essersi affermato universalmente come riferimento per tanto cinema è un onore che solo pochi grandi hanno avuto il privilegio di avere(Leone e Kurosawa ad esempio) e la regia di Melville è bellissima , secca, tagliente come una lama, senza fronzoli, usando solo materia primordiale ed un attore che ha saputo essere glaciale ed asettico in ogni momento: quando si crea il doppio alibi, quando ruba la macchina, quando compie la sua missione, quando è attratto nella tela del ragno dalla pianista, quando fugge e semina i pedinatori tra vagoni della metro e viuzze parigine, quando capisce il gioco sporco col quale lo hanno incastrato; anche nel suo gesto finale non c'è emozione, c'è la solitudine che si prende la rivincita; il suo sguardo sembra avere degli impercettibili sussulti solo quando osserva l'uccellino nella gabbia, unica sua compagnia e nel contempo presenza metaforica sulla sua esistenza.
Quando un film, seppur visto e rivisto, dona sempre qualcosa di nuovo e carpisce l'attenzione e i sensi, significa che è un capolavoro assoluto, e questo "Le Samourai" lo è in pieno.
Mai descrizione di un killer è stata così grandiosa e geniale , nella sua solitudine, nel suo travaglio, nel suo modo di essere contro tutto e contro tutti: quante volte abbiamo visto nei noir di Hong Kong personaggi simili? Quanto di Melville c'è in larga parte dei gialli e dei noir francesi ed europei?
Essersi affermato universalmente come riferimento per tanto cinema è un onore che solo pochi grandi hanno avuto il privilegio di avere(Leone e Kurosawa ad esempio) e la regia di Melville è bellissima , secca, tagliente come una lama, senza fronzoli, usando solo materia primordiale ed un attore che ha saputo essere glaciale ed asettico in ogni momento: quando si crea il doppio alibi, quando ruba la macchina, quando compie la sua missione, quando è attratto nella tela del ragno dalla pianista, quando fugge e semina i pedinatori tra vagoni della metro e viuzze parigine, quando capisce il gioco sporco col quale lo hanno incastrato; anche nel suo gesto finale non c'è emozione, c'è la solitudine che si prende la rivincita; il suo sguardo sembra avere degli impercettibili sussulti solo quando osserva l'uccellino nella gabbia, unica sua compagnia e nel contempo presenza metaforica sulla sua esistenza.
Quando un film, seppur visto e rivisto, dona sempre qualcosa di nuovo e carpisce l'attenzione e i sensi, significa che è un capolavoro assoluto, e questo "Le Samourai" lo è in pieno.
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