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...e alla fine arriverà un ciclone
Storia di sventure con prologo (in perfetto stile coeniano) , tre inserti e finale apocalittico: questo il senso del nuovo lavoro dei fratelli americani, che stavolta ci mettono anche qualcosa di autobiografico, presentando ampi tratti di una comunità ebraica del Mid West e dei suoi riti religiosi.
1967 ,Larry insegna fisica all'università in attesa di avere la cattedra, la famiglia apparentemente come tante, cova al suo interno situazioni che in un breve lasso di tempo esploderanno sulla testa del povero malcapitato: la moglie vuole divorziare e glielo dice come se gli chiedesse di comprargli il tacchino, ha una relazione con un amico di famiglia stimato e ben voluto dalla comunità; la figlia gli ruba i soldi per metterli al pizzo nell'attesa di rifarsi il naso e intanto si lava sempre i capelli, il figlio frega i soldi alla sorella per comprarsi l'erba e alla scuola ebraica ascolta i Jefferson Airplane invece di seguire le lezioni del rabbino, in casa vegeta un fratello suonato, nullafacente che ha la pretesa di scrivere un trattato sui calcoli probabilistici. Come non bastasse sul lavoro deve far fronte ad uno studente coreano che cerca di corromperlo per superare l'esame e ad un collega che ogni volta che si affaccia alla sua porta sembra portare solo sventure e notizie che non agevoleranno la sua carriera accademica.
Finirà col vivere in un motel, subendo passivamente le decisioni della moglie e a chiedersi in continuazione come uscire da cotanto marasma, lui che avrebbe voluto (e credeva di essere) un uomo serio (ebraicamente parlando); neppure rivolgersi a tre rabbini (compreso il saggio rabbino capo che non lo riceverà) porterà a nulla, neppure appellarsi a Dio gli darà delle spiegazioni:il mondo va a rotoli e nessuno può farci nulla.
Anche quando il fato sembra rimettere le cose su un binario accettabile, ecco che all'orizzonte si stagliano una radiografia da ritirare e un ciclone che avanza e che (forse) spazzerà via tutto
Il consueto mondo alla deriva dei Coen questa volta non risparmia nessuno, religione compresa: chi vuol essere un uomo normale deve superare prove innumerevoli e titaniche, il mondo va a fondo e restare a galla è impossibile. Il pessimismo dei registi stavolta però rimane più sottotraccia, meno visibile, ma non per questo meno pungente e nero; confezionano un film con una regia sontuosa che si diverte (amaramente) a giocare con lo spettatore, a partire dal fantastico prologo girato tutto in yiddish, che già fa capire quale sarà il tono del film, fino alla scena conclusiva, nera più della pece e del ciclone che avanza.
Scena da consegnare ai posteri: il rabbino capo che riceve il giovane figlio di Larry dopo il suo bar mitzvah e che gli recita la formazione dei Jefferson Airplane.
Bravi gli attori, tutti poco noti ma tutti perfettamente il linea coi personaggi.
Anche stavolta, insomma, per i Coen il mondo è veramente un gran casino.
1967 ,Larry insegna fisica all'università in attesa di avere la cattedra, la famiglia apparentemente come tante, cova al suo interno situazioni che in un breve lasso di tempo esploderanno sulla testa del povero malcapitato: la moglie vuole divorziare e glielo dice come se gli chiedesse di comprargli il tacchino, ha una relazione con un amico di famiglia stimato e ben voluto dalla comunità; la figlia gli ruba i soldi per metterli al pizzo nell'attesa di rifarsi il naso e intanto si lava sempre i capelli, il figlio frega i soldi alla sorella per comprarsi l'erba e alla scuola ebraica ascolta i Jefferson Airplane invece di seguire le lezioni del rabbino, in casa vegeta un fratello suonato, nullafacente che ha la pretesa di scrivere un trattato sui calcoli probabilistici. Come non bastasse sul lavoro deve far fronte ad uno studente coreano che cerca di corromperlo per superare l'esame e ad un collega che ogni volta che si affaccia alla sua porta sembra portare solo sventure e notizie che non agevoleranno la sua carriera accademica.
Finirà col vivere in un motel, subendo passivamente le decisioni della moglie e a chiedersi in continuazione come uscire da cotanto marasma, lui che avrebbe voluto (e credeva di essere) un uomo serio (ebraicamente parlando); neppure rivolgersi a tre rabbini (compreso il saggio rabbino capo che non lo riceverà) porterà a nulla, neppure appellarsi a Dio gli darà delle spiegazioni:il mondo va a rotoli e nessuno può farci nulla.
Anche quando il fato sembra rimettere le cose su un binario accettabile, ecco che all'orizzonte si stagliano una radiografia da ritirare e un ciclone che avanza e che (forse) spazzerà via tutto
Il consueto mondo alla deriva dei Coen questa volta non risparmia nessuno, religione compresa: chi vuol essere un uomo normale deve superare prove innumerevoli e titaniche, il mondo va a fondo e restare a galla è impossibile. Il pessimismo dei registi stavolta però rimane più sottotraccia, meno visibile, ma non per questo meno pungente e nero; confezionano un film con una regia sontuosa che si diverte (amaramente) a giocare con lo spettatore, a partire dal fantastico prologo girato tutto in yiddish, che già fa capire quale sarà il tono del film, fino alla scena conclusiva, nera più della pece e del ciclone che avanza.
Scena da consegnare ai posteri: il rabbino capo che riceve il giovane figlio di Larry dopo il suo bar mitzvah e che gli recita la formazione dei Jefferson Airplane.
Bravi gli attori, tutti poco noti ma tutti perfettamente il linea coi personaggi.
Anche stavolta, insomma, per i Coen il mondo è veramente un gran casino.
L'ho visto stasera su Sky, e devo ammettere che non mi ha convinto al 100%.
RispondiEliminaLa regia è curata, il prologo è davvero ben girato, però però... mi manca qualcosa...
Insomma mi pare un esercizio di stile per confermare la teoria "Dio non esiste, la vita non ha senso, il caso determina tutto"...
Che i fratelli Coen abbiano cambiato registro da un po' è vero, ma trovo che comunque i pilastri del loro stile cinematografico siano immutati: il pessimismo cosmico e il caos che scaturisce dal caso e dal libero arbitrio umano son sempre ben disegnati. Diciamo che forse c'è un po' di ricerca esietica che nei primi film mancava.
RispondiEliminaL'ho visto anche io l'altra sera su Sky,e rispetto a Burn after reading ci ho rivisto qualòcosa dei fratelli coen prima maniera; senz'altro è un po' cambiato lo stile, ma i temi trattati sono sempre gli stessi; come dici tu probabilmente c'è un forte influsso autobiografico e una graffante ironia che non risparmia neppure la religione. A me è piaciuto molto
RispondiEliminaL'evoluzione, soprattutto stilistica dei fratelli Coen c'è , ma la sostanza la trovo sempre piuttosto coerente, anche in film come Burn after reading che all'apparenza è quasi un lavoro brillante.
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