Rivisitazioni cinematografiche
La forza del destino ineluttabile
Da molti considerato il capolavoro del regista francese, anche questo subisce l'ignominia di una traduzione del titolo in italiano ridicola, che spoglia ancora una volta del senso il titolo stesso e con esso il (presunto) aforisma di Buddha che apre il film.
Al di là di questa operazione scellerata, il lavoro di Melville sicuramente è la sua summa cinematografica, nel quale sono contenuti tutti gli aspetti poetici e filmici del regista.
I senza nome del titolo sono tre personaggi che più melvilliani di così non si può, che vivono la loro esistenza nella consueta gabbia imperforabile fatta di solitudine, malaffare e personalissimo codice d'onore. Il destino li farà unire in un arditissimo colpo e in un finale che cala il sipario come una accetta sul film.
Non sappiamo nulla dei tre, salvo che uno è appena uscito di galera, l'altro è un fuggiasco ricercato e il terzo avviato sul viale della rovina dall'alcool e dagli incubi; capiamo però subito che il destino per loro ha in serbo solo quella vita, grigia,vacua, ai limiti e spesso oltre, braccati da una polizia che fa il suo mestiere giocando anche sporco.
Sarà come sempre il tradimento...
a risolvere gli eventi e a dare un barlume di epicità ai tre.
Melville racconta una storia buia, grigia, come il cielo di Parigi e le sua strade innevate, le parole son ridotte all'osso e quando escono dalla bocca dei protagonisti sono stilettate, la regia è magnificamente essenziale, senza nulla di superfluo, al limite del minimalismo, di molto aiutato in questo da tre splendidi attori quali Alain Delon, Gian Maria Volontè e Yves Montand che sanno riempire lo schermo con grande bravura facendo parlare i gesti e gli sguardi.
La mirabile sintesi di generi e stili racchiusi in questo lavoro risulta uno degli aspetti più belli del film che vaga tra il noir , il thriller, il poliziesco vecchio stile e il western, con tematiche esistenziali che lo rendono nel contempo capostipire e punto di arrivo di un certo modo di intendere il cinema.
Al di là di questa operazione scellerata, il lavoro di Melville sicuramente è la sua summa cinematografica, nel quale sono contenuti tutti gli aspetti poetici e filmici del regista.
I senza nome del titolo sono tre personaggi che più melvilliani di così non si può, che vivono la loro esistenza nella consueta gabbia imperforabile fatta di solitudine, malaffare e personalissimo codice d'onore. Il destino li farà unire in un arditissimo colpo e in un finale che cala il sipario come una accetta sul film.
Non sappiamo nulla dei tre, salvo che uno è appena uscito di galera, l'altro è un fuggiasco ricercato e il terzo avviato sul viale della rovina dall'alcool e dagli incubi; capiamo però subito che il destino per loro ha in serbo solo quella vita, grigia,vacua, ai limiti e spesso oltre, braccati da una polizia che fa il suo mestiere giocando anche sporco.
Sarà come sempre il tradimento...
a risolvere gli eventi e a dare un barlume di epicità ai tre.
Melville racconta una storia buia, grigia, come il cielo di Parigi e le sua strade innevate, le parole son ridotte all'osso e quando escono dalla bocca dei protagonisti sono stilettate, la regia è magnificamente essenziale, senza nulla di superfluo, al limite del minimalismo, di molto aiutato in questo da tre splendidi attori quali Alain Delon, Gian Maria Volontè e Yves Montand che sanno riempire lo schermo con grande bravura facendo parlare i gesti e gli sguardi.
La mirabile sintesi di generi e stili racchiusi in questo lavoro risulta uno degli aspetti più belli del film che vaga tra il noir , il thriller, il poliziesco vecchio stile e il western, con tematiche esistenziali che lo rendono nel contempo capostipire e punto di arrivo di un certo modo di intendere il cinema.
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