Vite ai limiti nutrite di amore profondo
Salvatores si affida ancora ad un testo di Niccolò Ammaniti per un suo film, così come fece per Io non ho paura ed il risultato , pur essendo la pellicola bella per taluni aspetti, non è di quelli che fanno gridare di stupore, soprattutto quando il regista è uno di quelli che sa far centro.
Anche stavolta al centro della narrazione c'è il rapporto padre-figlio, qui al limite dell'estremo in tutti i suoi aspetti.
In un nordest friulano freddo e piovoso, raccontato con immagini spersonalizzante , fatte di ciminiere che gettano fumo contro le montagne e in cui strisciante è il sentimento xenofobo , Rino e Christian, padre e figlio, vivono la loro vita alle soglie dell'indigenza, segnata dal carattere violento , dal razzismo conclamato e dalle simpatie nazistoidi dell'uomo che fungono da linea guida per il ragazzino , istruito alla legge della sopravvivenza; ma entrambi si nutrono di un amore vicendevole viscerale, totalizzante per l'uno, quasi doloroso per l'altro, una vita quasi in simbiosi in cui alle aspettative del padre corrisponde una sorta di mitizzazione del figlio.
Loro unico contatto col mondo esterno che abborriscono è un ex compagno di lavoro di Rino, rimasto offeso in un incidente sul lavoro e che ha trasformato la sua misera abitazione in un presepio infinito su cui domina la tv che rimanda una videocassetta porno e a cui Quattroformaggi (il nomignolo dell'uomo) ha bellamente attaccato due braccia finte per avere l'illusione di potere abbracciare la sua pornodiva preferita.
Un evento raccontato in una lunga scena centarle, vera chiave di volta per la lettura del film, sconvolgerà le loro vite, ben più di quanto i protagonisti vogliano e facciano e legerà i loro destini in maniera tale che la salvezza di uno potrebbe essere la fine per l'altro. Il finale dona uno sprazzo di ottimismo (eccessivo a dire il vero) che non cancella però il senso di profondo disagio che si è andato costruendo.
Fintanto che il film , nella prima parte scandaglia il rapporto padre-figlio, con troppa fretta è vero, ma con grande forza pur scavando poco nell'intimo dei due, la storia avanza bene, con impatto eccessivo probabilmente, ma il senso del profondo legame che emerge dalle dinamiche padre-figlio è bello e costruito quasi con passione; poi , con la lunghissima, eccessivamente ridondante scena centrale senza una parola, solo fango, pioggia, bagliori riflessi dagli impermeabili di plastica che fa piombare il film nel dramma più crudo, Salvatores si perde clamorosamente, risultando la scena quasi una terrena apocalisse emozionale rigorosamente costruita che conduce nel baratro i tre protagonisti e introduce tutta la storia sul piano di un quasi thriller a forte tinte psicologiche.
Può quindi bastare una descrizione di un rapporto di amore filiale totalizzante a giustificare la bontà del film? Probabilmente sì, perchè è ciò che realmente il regista vuol raccontare, ma il contorno è troppe volte balbettante quando non deludente, come il sottile legame vita-morte che si costruisce tra i tre nella seconda parte della storia.
Inutile dire che il film è costruito bene , le doti tecniche certamente non mancano al regista e anche quel voler rappresentare una realtà fredda e impersonale , quasi una post modernità già altre volte disegnata da Salvatores, da il suo tocco tetro alla vicenda, così come le prestazioni dei tre attori sono di quelle che lasciano il segno positivamente: Filippo Timi nel ruolo del padre, Elio Germano in quello di Quattroformaggi e il giovane Alvaro Caleca in quella del figlio Christian.
Rimane però quel lungo buco nero, quasi inspiegabile col quale Salvatores ha voluto segnare il film e che invece suscita quasi irritazione.
Rimane però quel lungo buco nero, quasi inspiegabile col quale Salvatores ha voluto segnare il film e che invece suscita quasi irritazione.
Io invece ho avuto la sensazione opposta alla tua: frettoloso all'inizio e anche un po' superficale, ben fatto e con la giusta tensione emoitva nella seconda metà. Probabilmente è inferiore ad Io non ho paura, ma rimane comunque un buon film con due attori bravissimi.
RispondiEliminatra i film di salvatores visti è quello che ho preferito
RispondiEliminacerto, come al solito qualche difetto lo fa, ma meno del solito (e per una volta ci ha risparmiato la presenza di abatantuono!)
@baobab :ciò che dici conferma l'incompiutezza del lavoro e comunque l'impressione che ne ho tratto è che salvatores avesse a cuore prima di tutto la descrizione del fortissimo legale padre-figlio.
RispondiElimina@Marco: direi che di difetti ce ne sono svariati, ciò non toglie che il film abbia il suo valore; a mio avviso è mancato quel tocco in più che può dare il regista.
Sono d'accordo col giudizio non del tutto entusiasta, ma comunque positivo. Timi mi sorprende sempre, per me è un grande interprete.
RispondiEliminaVero Alessandra Filippo Timi è sicuramente tra i migliori attori della nuova leva e a questo film , per alcuni versi non convincente, dona molto del suo.
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