La dissacrante e leggera ironia di Hong
Fedelissimo al suo ormai collaudato e apprezzato stile di fare Cinema, il regista coreano Hang Sang-soo dirige questo lavoro che risulta essere senz'altro uno tra i suoi più riusciti; vero, come molti detrattori affermano, la struttura è sempre uguale a sè stessa: segmenti che sembrano quasi dei film a sè stanti tenuti insieme dal protagonista, anche stavolta in perenne vagabondaggio col corpo e con lo spirito. Quello che arricchisce e aggiunge qualcosa di nuovo a questa pellicola è la forte carica ironica , con accenni probabilmente anche auotbiografici, con cui Hong descrive l'ambiente falsamente colto e raffinato, in realtà godereccio e ben poco professionale del cinema e dei festival cinematografici.
Infatti la trama , come sempre scarna, si basa sul personaggio di Ku, regista indipendente, chiamato a fare da giurato in un festival della provincia coreana, che ben presto a tutto sarà interessato fuorchè svolgere il suo ruolo di giudice , e come lui, gli altri della giuria e il colorito mondo che ruota intorno ai festival cinematografici.
Bevute e mangiate infinite, discussioni , pennichelle durante le proiezioni, equivoci e incontri portano Ku verso una deriva psicologica che si perpetua con la seconda parte della storia , in cui , stavolta, è chiamato a tenere una lezione universitaria sul cinema.
Bevute e mangiate infinite, discussioni , pennichelle durante le proiezioni, equivoci e incontri portano Ku verso una deriva psicologica che si perpetua con la seconda parte della storia , in cui , stavolta, è chiamato a tenere una lezione universitaria sul cinema.
Zigzagando abilmente tra amori di una notte, passato che ritorna, meditazioni ironiche, quasi farsesche, sulla condizione dei protagonisti, il regista allestisce quasi una commedia che però va dritta al centro delle tematiche, drammatiche, del cinema di Hong: una solitudine e una incomunicabilità nascoste e protette da una scorza durissima fatta di chiacchiere e di maschere.
Il tono apparentemente leggero non deve ingannare e neppure i ritmi non certo ossessivi: Hong dileggia quasi i suoi personaggi, e non solo nei comportamenti, per giungere quasi alla dissacrazione strappando sorrisi amarissimi, anche laddove da ridere c'è ben poco, lasciando al fine un senso amarissimo in bocca, quando, giunto alla fine del suo racconto, rimane la figura di un personaggio errabondo, privo di etica e incapace di risolvere il forte senso di incompiuto che alberga in sè.
Accanto a questa ricchezza e profondità interiore, abilmente nascosta dietro il sorriso e la leggerezza, Hong mette in campo una grande capacità tecnica di disegnare un ambiente che si muove in perfetta sincronia coi suoi protagonisti, ottenendo il risultato di creare un film bello che lascia pensare e molto.
Accanto a questa ricchezza e profondità interiore, abilmente nascosta dietro il sorriso e la leggerezza, Hong mette in campo una grande capacità tecnica di disegnare un ambiente che si muove in perfetta sincronia coi suoi protagonisti, ottenendo il risultato di creare un film bello che lascia pensare e molto.
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