Colori hitchcockiani in salsa nostrana
Incoraggiante esordio alla regia per Giuseppe Capotondi che confeziona un lavoro assolutamente originale nel panorama cinematografico italiano e che fa nutrire ancora qualche speranza sul futuro del nostro cinema. Se Molaioli nel 2006 si impose con un giallo dalla atmosfere chabroliane ( La ragazza del lago ), Capotondi sembra avere il miglior Hitchcock come riferimento, sia nella struttura narrativa del lavoro, sia nella tecnica di costruzione del noir. Inoltre, cosa da non trascurare, sa ben descrivere il disagio esistenziale dei giorni nostri, costruendo due protagonisti principali , e una serie di personaggi collaterali, che nutrono con le loro inquietudini il racconto.
Trama appena accennta, visto che sarebbe troppo spoilerosa e che quindi rovinerebbe inevitabilmente la visione, richiedendo questa una completa immersione nello scorrere degli eventi.
Guido e Sonia, due esistenze segnate da profonde ferite si conoscono in un speed date, luogo di ritrovo di anime sole e perse, dove per una sera o per la vita si cercano consolazione e calore; scatterà subito una attrazione basata più su una solidarietà fatta di sofferenza e solitudine.
L'inizio del film procede su questa marcia di avvicinamento di queste due entità errabonde , che sembra trovare finalmente il punto d'arrivo nel parco di una splendida villa dove Guido, ex poliziotto, lavora come sorvegliante; il destino è in agguato e una rapina conclusasi con un colpo di pistola mette fine alla lunga introduzione. Di lì in poi sarà psyco-thriller giocato su ritmi blandi ma coinvolgrnti, in cui i binari della storia sembrano allontanarsi per poi ricongiungersi in un clima di ambiguità e di dubbio, che si diraderà solo nel finale.
Che sia hitchcockiano il film lo sta a dimostrare il procedere degli eventi che dapprima offrono certezze, poi seminano dubbi e quindi, giocando tra psiche e realtà, spianano agli occhi dello spettatore le verità.
E' un sottile gioco al quale chi guarda deve sottostare, lasciandosi trascinare da un inizio che tratteggia con grande efficacia i protagonisti, propedeutico all'incedere degli accadimenti che non potrebbero essere altrimenti se non ci fossero quei personaggi, per poi assistere al riannodarsi dei quasi invisibili fili lasciati in sospeso sapientemente dal regista.
E' un sottile gioco al quale chi guarda deve sottostare, lasciandosi trascinare da un inizio che tratteggia con grande efficacia i protagonisti, propedeutico all'incedere degli accadimenti che non potrebbero essere altrimenti se non ci fossero quei personaggi, per poi assistere al riannodarsi dei quasi invisibili fili lasciati in sospeso sapientemente dal regista.
In tutta la pellicola regna un clima cupo, in cui anche i personaggi di contorno, nella realtà o nella elaborazione della psiche, contribuiscono a rendere tale e una Torino assolutamente impersonale e fredda assiste livida al procedere degli eventi.
Indubbiamente Capotondi ha avuto grande coraggio nel dirigere un film simile, molto atipico alle nostre latitudini, in cui il noir va a braccetto con lo sguardo sui drammi esistenziali, sulla solitudine e sul rimorso, risultandone un lavoro bello e coinvolgente in cui grandissima parte hanno i due attori protagonisti: Filippo Timi che si conferma tra gli attori più bravi del nuovo panorama italiano e Ksenia Rappoport, bravissima nel dare volto ad una esistenza ferita, mista a sottile ambiguità.
Concordo in pieno, ottimo esordio, ho sentito anche qualche influsso polanskiano nel film e i due interpreti sono veramente bravi.
RispondiEliminal'ho visto al cinema, e sono uscito davvero colpito.
RispondiEliminabella storia, bravissimi attori, grande regista.
non per niente l'ho inserito nalla mia classifica dei film più belli visti quest'anno:)
una delle pellicole italiche che più mi hanno sorpeso negli ultimi anni
RispondiEliminaprobabilmente merita una stellina in più ;)
baobab: vero c'è qualcosa anche di polanski, i due attori danno veramente il meglio di loro.
RispondiEliminaIsmaele: non ti nascondo che l'averlo visto nella tua classifica mi ha spinto alla sua visione.
Marco: mah, alla fine le stelline sono una classificazione troppo rigida, comunque per avere una stellina in più , a mio avviso, manca un po' di ambientazione, forse troppo anonima.