Storia ordinaria che diventa tragedia
Un rapporto madre-figlio tenuto insieme solo dal legame ancestrale, immerso in una situazione di ordinario squallore tra bottiglie di wiskey e noia, dal quale il giovanotto cerca di uscire frequentando una ragazzina quindicenne , anch'essa abulicamente inserita nella sua famiglia di ceto medio e presa di mira dalle compagne di scuola; una unione fittizia tra i due che ha molto poco del legame amoroso e molto invece della fuga e del diversivo.
Quando la famiglia della ragazzina scopre la frequentazione della figlia, decide di sporgere denuncia per stupro , a meno che il giovanotto e la madre non paghino il loro silenzio, cosa che avviene, anche per l'aiuto economico del padre, poco gradito dal figlio , divorziato dalla madre del ragazzo.
Quando la famiglia della ragazzina scopre la frequentazione della figlia, decide di sporgere denuncia per stupro , a meno che il giovanotto e la madre non paghino il loro silenzio, cosa che avviene, anche per l'aiuto economico del padre, poco gradito dal figlio , divorziato dalla madre del ragazzo.
L'ingordigia dei famigliari della ragazzina però è tale che una volta ottenuti i soldi decidono comunque di denunciare il ragazzo; a questo punto il film svolta nel noir, con uno scoppio di violenza che va solo a sottolineare con più forza la durezza insita nella storia.
Finale enigmatico, e per questo affascinante, che come lo si guardi gronda però di puro pessimismo.
Il malese Ho Yuhang ha l'indubbio merito di raccontare una storia ( di cronaca vera, pare) che mostra grande naturalezza nel suo divenire, sembra veramente una storia di tutti i giorni, in cui si mette la lente di ingrandimento sui rapporti flebili e difficili e che con altrettanta coerenza getta sullo schermo il suo lato più drammatico; manca assolutamente un seppur minimo accenno ad elementi di epicità e di eroismo, i personaggi raccontati sono, a vario modo, uno più detestabile dell'altro e sembrano allontanare da sè l'afflato emotivo dello spettatore; una storia di tutti i giorni insomma, fatta di famiglie distrutte, di giovani sbandati, di avidità e cupidigia, ricolma di violenza pronta ad esplodere , tratteggiata con sapienza e bravura dal regista che sa ben creare atmosfere dimesse in cui sotto la cenere cova la brace.
Finale enigmatico, e per questo affascinante, che come lo si guardi gronda però di puro pessimismo.
Il malese Ho Yuhang ha l'indubbio merito di raccontare una storia ( di cronaca vera, pare) che mostra grande naturalezza nel suo divenire, sembra veramente una storia di tutti i giorni, in cui si mette la lente di ingrandimento sui rapporti flebili e difficili e che con altrettanta coerenza getta sullo schermo il suo lato più drammatico; manca assolutamente un seppur minimo accenno ad elementi di epicità e di eroismo, i personaggi raccontati sono, a vario modo, uno più detestabile dell'altro e sembrano allontanare da sè l'afflato emotivo dello spettatore; una storia di tutti i giorni insomma, fatta di famiglie distrutte, di giovani sbandati, di avidità e cupidigia, ricolma di violenza pronta ad esplodere , tratteggiata con sapienza e bravura dal regista che sa ben creare atmosfere dimesse in cui sotto la cenere cova la brace.
Ottime le interpretazioni di Kara Hui nel ruolo della madre alcolizzata e avviata nel baratro e di Chui Tien you nel ruolo del ragazzo, soprattutto per la capacità di dare credibilità a due destini segnati.
At the end of daybreak si pone senz'altro fra i lavori più interessanti dell'anno nel cinema asiatico e , seppur non privo di qualche balbettio ( un registro forse poco convinto, tra tragedia e minimalismo), mostra la bravura di un regista che converrà tenere d'occhio da vicino.
At the end of daybreak si pone senz'altro fra i lavori più interessanti dell'anno nel cinema asiatico e , seppur non privo di qualche balbettio ( un registro forse poco convinto, tra tragedia e minimalismo), mostra la bravura di un regista che converrà tenere d'occhio da vicino.
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