Giudizio: 9/10
Lo status che si mantiene
Lo status che si mantiene
E' forse l'opera più rigorosamente paradigmatica del grande Maestro spagnolo e al contempo la sua più intellegibile seppur ben permeata di quel surrealismo che sconfina nell'onirico tanto caro al regista: ogni momento del film è chiaramente interpretabile e riconducibile ad un senso di grottesca ironia e sarcasmo come rarissimamente si è visto sul grande schermo, senza cadere in alcun tipo di eccesso che non sia puramente descrittivo.
Una classe sociale così ferocemente rappresentata nella sua meschinità e nei suoi falsi valori funge da protagonista di una pellicola passata definitivamente alla storia proprio per la sua lucida descrizione, in cui il surrealismo tanto caro a Bunuel altro non è che la materializzazione delle ossessioni , delle paure e della bassezza, presentate sotto forma di sogno e sotto forma di una assoluta incapacità di costruirsi una morale e una etica.
I protagonisti subiscono i loro incubi, incapaci persino di riunirsi per una cena, in perenne marcia metaforica su una lunga lingua d'asfalto che conduce verso il nulla.
I cardini su cui la borghesia e i suoi meschini rappresentati poggiano le loro basi di potere sono la politica , il clero e l'esercito, da sempre capisaldi della classe dominante che Bunuel disegna come fedeli alleati e servitori in una sarcastica apologia del malaffare, con le sue formali virtù pubbliche e i suoi vizi meschini privati.
Il sogno è il mezzo col quale il Maestro mette in scena la tragica commedia di alcuni rappresentati della classe sociale, dall'essere sbattutti su un palcoscenico alla mercè del pubblico alle accuse politiche, dagli assalti terroristici al sogno nel sogno, tutto rigorosamente condito da formalismo, buone maniere, lezioni su come si taglia la carne al forno, istinti e appetiti sessuali stretti in abbracci mortali, finto rigore morale e repressione.
I cardini su cui la borghesia e i suoi meschini rappresentati poggiano le loro basi di potere sono la politica , il clero e l'esercito, da sempre capisaldi della classe dominante che Bunuel disegna come fedeli alleati e servitori in una sarcastica apologia del malaffare, con le sue formali virtù pubbliche e i suoi vizi meschini privati.
Il sogno è il mezzo col quale il Maestro mette in scena la tragica commedia di alcuni rappresentati della classe sociale, dall'essere sbattutti su un palcoscenico alla mercè del pubblico alle accuse politiche, dagli assalti terroristici al sogno nel sogno, tutto rigorosamente condito da formalismo, buone maniere, lezioni su come si taglia la carne al forno, istinti e appetiti sessuali stretti in abbracci mortali, finto rigore morale e repressione.
La forza dissacratoria di Bunuel raggiunge in questa pellicola livelli da non ritorno, ma non potrebbe essere altrimenti, conoscendo l'opera del Maestro che sa sezionare con la precisione di un coltello affilatissimo e portare alla luce tutto che ciò che oggi si definirebbe politicamente scorretto, ma che per lui era semplicemente la realtà di un ambiente che difende con le unghie il suo status: la borghesia che Chabrol scruta per trovare nel suo buio profondo vizi e bassezze per Bunuel è lo staus che si automantiene, perennemente in marcia sì, ma profondamente immobile.
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