Giudizio: 8/10
Immagini sfocate di una discoteca, in sottofondo musica techno che sale e con essa la camera acquista nitidezza e mostra una ragazza sulla pista da ballo; poi la seguiamo al bar , poco lontano da lei quattro giovanotti dal parlare impastato tipico dell'avvinazzato discutono animatamente coi buttafuori che li stanno accompagnando all'uscita; saliamo le scale e ci ritroviamo lungo una strada di Berlino, i quattro avvicinano la ragazza e fra ciarle senza senso e dialoghi in un improbabile inglese misto al tedesco fanno conoscenza.
I quattro giovani sono autentici berliners e assicurano la ragazza che se vuole conoscere veramente la città si deve affidare a loro che ne conoscono tutti gli angoli.
La storia va avanti per buona parte della notte tra passeggiate notturne , incursioni in terrazzi condominiali da cui ammirare il panorama, chiacchiere spesso con poco senso, racconti personali tinti di millanterie e bravate; poi quando sembra che tutto stia volgendo al termine una telefonata cambia il destino del gruppo; uno dei quattro è stato convocato da un gangster che gli assicurò protezione mentre era in carcere e ora viene a riscuotere il credito: una rapina da effettuare all'alba; Victoria, la giovane ragazza madrilena appena conosciuta, viene coinvolta un po' per necessità un po' perchè sembra essere scattato in lei un senso di cameratismo determinato dalla convinzione di avere trovato finalmente degli amici in una città straniera dove lavora come barista.
L'alba che inizia a rischiarare il cielo di Berlino fa da sfondo al dramma che si consuma in poco tempo, proprio quando invece sembrava dover assistere ad un trionfo.
Victoria è film che fa della sua straordinarietà tecnica il pilastro portante, senza con ciò cadere in un formalismo eccessivo: Sebastian Schipper infatti gira tutto il film in un unico pianosequenza durante le prime ore della mattina berlinese, costruendo un'opera che per certi versi è addirittura titanica.
Torna subito in mente il Sokurov di Arca Russa che nell'indimenticabile piansequenza girato al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo dipinse col suo stile visionario e splendido il suo affresco storico-artistico sulla amata Russia; qui Schipper non possiede tale ispirazione e tale ambizione, ma riesce comunque a creare una pellicola che sa andare oltre alla peculiarità tecnica, anzi, col procedere della storia, tanto è avvolgente l'ambientazione che si perde di vista la scelta tecnica e formale del regista.
Quello che all'inizio sembra un film su una gioventù un po' ribelle e sbandata, priva di ideali, delusa e nichilista, in cui solo il legame dell'amicizia sembra dare un po' di luce, che avanza addirittura a stento fin quasi a rasentare la noia nelle mille e inconcludenti chiacchiere, lentamente ma inesorabilmente si trasforma in una tragedia quasi romantica per la scelta esistenziale rivolta al "capre diem" dei giovani protagonisti.
La figura di Victoria, dapprima quasi remissiva, poi fatalmente affascinata dal mondo sbandato dei berliners ed infine trasformata sul campo a leader carismatica è quella che più di ogni altro dà un senso alla storia: solitudine da abbattere con la forza dell'amicizia e del legame di appartrenenza, fino all'amarissimo e doloroso trionfo finale che la ragazza non eviterà di cogliere nonostante dal punto di vista morale qualcuno ha avuto da obiettare.
Victoria è insomma lavoro da vedere, che accanto alla qualità tecnico-artistica, riconosciuta con la vittoria dell'Orso d'Argento a Berlino per lo straordinario contributo artistico della Fotografia, racconta una storia che sa lentamente trasformarsi da disamina giovanile a cupo noir metropolitano.
Bella analisi!
RispondiEliminaE il film è davvero da non perdere.