Giudizio: 6/10
Il debutto cinematografico di Michael Grandage, eminente regista teatrale inglese, presentato in anteprima all'ultimo Festival di Berlino e approdato alla Festa del Cinema di Roma pochi giorni prima della sua distribuzione in sala, è un racconto in parte biografico incentrato da un lato sulla figura di Max Perkins, noto editore americano degli anni venti, curatore, tra gli altri delle, opere di Ernest Hemingway e di F. Scott Fitzgerald e su quella dello scrittore Thomas Wolfe , uno degli esponenti di punta della letteratura americana dei primi anni del secolo scorso.
Perkins fu il primo a concedere a Wolfe la possibilità di pubblicare il suo primo lavoro, dopo che altre case editrici avevano rifiutato l'opera soprattutto per la sua iniziale lunghezza, convincendo l'autore ad intervenire pesantemente sul testo riducendone le mole.
Fu lo stesso Perkins a stimolare Wolfe a scrivere altri romanzi sebbene la sua opera di sforbiciatore e forgiatore del testo probabilmente ne snaturava la vera essenza.
Nonostante le biografie raccontino di un Wolf che dopo la seconda opera non solo rifiutò di pubblicare ancora con Perkins , ma provò per lui un profondo rancore, il film di Grandage è fortemente incentrato sul rapporto di amicizia che legò i due, qualcosa che andava oltre la stima professionale e il normale rapporto editore-scrittore, al punto di ingenerare profonde gelosie nella vita private di entrambi.
Vero anche che Genius va a ricercare anche la riflessione sul ruolo dello scrittore e del suo rapporto con l'editoria, cerca di tratteggiare la figura di Wolfe nella sua profonda esuberanza e , in un certo senso, nel suo essere quasi una figura che precorreva i tempi, cosa d'altronde confermata dall'influsso che lo scrittore ebbe sulle successive generazioni di romanzieri; non manca la disamina, seppur piuttosto defilata, sul fervore letterario, soprattutto nella East Coast , che pervadeva l'America sull'orlo della Grande Depressione ed anche uno sguardo artistico sul concetto di genio e sregolatezza.
Però è proprio nella miscela dei vari aspetti della storia che Genius mostra le pecche maggiori: incentrare il racconto troppo sull'aspetto del rapporto di amicizia tra i due, e affrontando però con più superficialità gli aspetti legati al ruolo dello scrittore di fronte alla società e alla sua vita privata, porta ad un progressivo svilimento della storia che scivola, inesorabilmente, verso il finale sul facile terreno delle emozioni stimolate a comando.
Nel suo insieme Genius mostra alcuni pregi, ma preferisce privilegiare troppo la strada più semplice a discapito di aspetti magari più complessi e difficili ma che avrebbero sicuramente dato altro peso all'opera.
Se Colin Firth regala una prova straordinaria nel ruolo di Max Perkins, Jude Law mostra un certo manierismo nella rappresentazione dell'esuberanza del giovane Thomas Wolf che a lungo andare appare piuttosto forzata.
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