martedì 17 novembre 2009

In the cut ( Jane Campion , 2003 )


Giudizio: 3.5/10
Presunto thriller incrociato a psicodramma sessuale.

Ingredienti per il guazzabuglio: prendere un best seller (Dentro di Susanna Moore, cosceneggiatrice del film), manipolarlo all'uopo, aggiungere un'attrice (Meg Ryan) campionessa di ruoli brillanti e trasformarla in protagonista drammatica con l'aggravante di millantate situazioni hard, spacciare il tutto come un thriller contando sul marchio di garanzia posto da una regista stimata. Il risultato è un polpettone noioso, brutto, che del thriller non ha nulla e in cui le strombazzate prestazioni hard si riducono ad una scena in penombra in cui la Ryan ci offre la visione del suo non certo florido seno e del lato b.
Sembrano veramente lontani anni luci i tempi di Lezioni di piano ed il film brilla solo per la confusione e la sgangheratezza (ben esplicitate dalla faccia perennemente ebete di Meg Ryan).
Se a ciò aggiungiamo che il polpettone è riccamente farcito di luoghi comuni stucchevoli che vanno dal machismo dei poliziotti alle fregole sessuali delle donne mature infarinate di psicodramma, dalle immagini stereotipate di New York (compreso l'immancabile ponte di Brooklyn, ma ci sarebbe stato bene anche lo skyline con le Twin Towers se fossero state ancora in piedi) alle frustrazioni di donne mature (di nuovo) semifrigide ma che covano dentro il demonio pronto ad esplodere se ben stuzzicate; il tutto spalmato su una trama che vorrebbere essere quella di un thriller con tanto di morti fatti a pezzi , ma che di fatto ruota tutto intorno ad una fellatio in un gabinetto di un bar con annesso voyeur interessato.
Inutile dire che del thriller non c'è assolutamente nulla e che se il torbido clima iniziale che porta la protagonista in rotta di collisione col poliziotto che scatenerà la sua ingordigia sessuale può avere un qualche fascino, il seguito del dramma piscosessuale si fonde con la presunta struttura del thriller e ne viene fuori una storia che fa smaniare non poco lo spettatore tanta è la voglia di abbandonare la visione.

2 commenti:

  1. A me, ammesso sia possibile, ha dato fastidio ancora più di te; già la Campion come regista non mi esaltava, ma con questo film ci ho messo una pietra sopra.

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  2. Oddio, non oso immaginare cosa si possa fare di più che interromperne la visione, cosa che avrei voluto fare solo pochissime volte (2 o 3 in tutto) negli ultimi anni.
    Lezioni di piano a mio avviso era un buon film, ma dopo, meglio stendere un velo pietoso.

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