domenica 21 febbraio 2010

Bubble ( Steven Soderbergh , 2005 )

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Il vuoto desolante è altrove

Una cittadina dell'Ohio post industriale, squallida e uguale a tante altre dell'America provinciale , una fabbrica di bambole dove lavorano i protagonisti di questa storia e soprattutto il vacuo più totalizzante intorno, intorno alle cose e intorno alle persone.
Tutto è grigio, ovvio, banale, scontato, privo di qualsiasi segno di vitalità, rapporti umani compresi , almeno fino a che compare sulla scena Rose una giovane di una antipatia assoluta e che verrà trovata morta. Qualche sussulto lo vedremo, ma è poca cosa nel grigiore e nella desolazione.
Questo il quadro entro cui Soderbergh colloca la sua storia, e sicuramente lo fa con buona efficacia, ma la struttura narrativa è più che carente: nella prima parte si vedono solo i protagonisti mangiare, scambiarsi idee su come sbarcare il lunario, con tanto di sottofondo di denuncia sociale che sa di trito e ritrito; poi il film si incanala in una sorta di thriller quasi psicologico che anima un po' la vicenda, pur non facendola decollare per nulla.
Ma è soprattutto la quasi ostentata descrizione di uno stereotipo americano sempre alle prese con i problemi  economici, figlio delle grandi crisi industriali che risulta poco convincente; d'altronde se il cardine della storia doveva essere la desolazione interiore ed esteriore, lo si poteva fare senza far ricorso a tematiche troppo abusate, in special modo da certa ideologia liberal-americana da salotto.

Sa troppo di giochino cinematografico questo film di Soderbergh, una specie di esercizio teso a dimostrare che certe corde sa toccarle anche lui, solitamente interessato maggiormente ad altre tematiche.
Ammetto di non trovare Soderbergh particolarmente interessante come regista e con questa prova, da molti osannata, rimango fermo sulla convinzione, senza ovviamente nulla togliere alla bravura tecnica e a quel poco di valido che nel film è contenuto. Se bisogna cercare la descrizione del  "nulla desolante" nel Cinema ,meglio rivolgersi altrove, anche se di Gus Van Sant ce ne sono pochi in giro.











3 commenti:

  1. Bel posticino che hai qua missile, ce n'è di roba interessante da spulciare...
    Per quanto riguarda Soderbergh capisco le tue perplessità, è un regista che spesso non si capisce dove voglia andare a parare.
    Eppure bisogna riconoscergli la volontà di cercare strade diverse e ogni tanto una certa vena sperimentale.
    Anche se la sua produzione è stata piuttosto altalentante, ma comunque di livello medio-alto, riesce comunque a far parlare di sè con ogni nuova uscita e questo non è cosa da poco.

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  2. Grazie Martin :) spero tu possa trovare interessanti queste mie riflessioni cinematografiche.
    Vero Soderbergh possiede una forte verve innovativa e questo gli va riconosciuto, però questo oscillare tra tematiche e stili vari non mi convince molto.

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  3. Sobek! Ok, per Sodobergh è un esercizio (un esercizio minimalista), ma gli è riuscito da dio. Magari si 'esercitasse' sempre così... Certo tutto è grigio - ma non banale, né scontato! - e lo è pure il delitto in un film che non cerca sussulti ovvi e che non può esserci mostrato in modo diverso dall'immagine di un cibo in tv o da un cibo ingoiato, da una seduta dal parrucchiere o dalla gonfiatura di una testa di gomma. La struttura narrativa non è carente, bensì eccellente ed è mantenuta tale dall'inizio alla fine. I protagonisti che mangiano sono parte del quadro: mangiano come si può fare l'amore o uccidere. Non cambia nulla. Non è un film di denuncia. E' un ritratto. Riuscito. ;)

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