Haneke all'esordio
Cattivissimo e destruente esordio di Michael Haneke, quello che poi sarebbe diventato uno tra i più grandi registi viventi, poeta del marcio e del malvagio che alberga nell'uomo.
L'aspetto più sorprendente di questo lavoro sta nel fatto che Haneke è stato lui sin dall'inizio, sia nelle tematiche che nella scelta tecnica di regia.
Raramente si è visto un autore che sappia sviscerare senza retorica e senza nulla di mediato il lato oscuro dell'animo umano con una freddezza e una lucidità tali.
Una bella famigliola medio borghese dalle apparenze invidiabili, una di quelle che si direbbe non le manca nulla; la vediamo muoversi nella vita di tutti i giorni, stessi gesti, stessi rituali : la macchina all'autolavaggio, la spesa, il lavoro con l'auto parcheggiata sempre nello stesso punto, il cibo ai pesci nel grande acquario , gli spazzolini da denti ordinati nei tre bicchieri, la sveglia che suona immancabilmente alle 6.... Tutto ci viene offerto con monotona ripetitività, con un certo grigiore privo di sentimento e di vitalità.
Ma poi la bimba comincia a inventare malattie, la madre scoppia in lacrime inspiegabilmente, qualcosa traballa nella quiete famigliare senza che ci è dato conoscerne i motivi e arriva quindi l'impulso, sognando l'Australia vista nei cartelloni pubblicitari ,falsa destinazione di un viaggio senza ritorno che può essere invece solo verso un continente che non esiste.
Quando il padre entra nel negozio e ne esce carico di asce, martelli, forbici e seghe il piano risolutivo è ormai scattato, la cena arriverà col catering e l'ultimo sguardo sulla strada prima di rincasare è l'idelae, terribile saluto allo squallore della vita grigia e benestante.
La lettera d'addio è pronta, non spiega nulla, informa solo. Seguono 10 minuti di totale distruzione: ogni cosa viene fatta a pezzi , dai dischi in vinile ai mobili, dalle camicie all'acquario, ogni oggetto deve essere cancellato, depersonalizzato: la morte deve giungere cogliendoli nudi, privi di ogni cosa, anche per la bambina di cui il padre dice che non ha paura di morire. L'estremo gesto di ribellione e di rifiuto riempie il water di soldi, i denari di una vita, ritirati in banca e fatti finire nelle fogne.
Le immagini sono fisse di fronte allo smembramento, descrivono e basta, non vogliono creare emozione, ma solo terrore e annientamento; noi guardiamo e speriamo che tutto finisca presto, pesa troppo quella casa ridotta a pezzi, aspettiamo che la mistura letale faccia effetto e guardiamo attoniti i tre davanti alla tv , ultimo simulacro (non casualmente) lasciato integro, che ascoltano "The power of love" cantata da Jennifer Rush, ultimo insiepgabile cazzotto nello stomaco che ci viene riservato.
Alla fine c'è solo il corpo della bambina steso, i rantoli della moglie che annega nel suo vomito, e Georg che scrive data e ora della morte delle due sul muro , prima di concedersi la bevanda finale. Ora è finita, il settimo continente è raggiunto e in chi guarda c'è la certezza di avere assistito ad uno dei film più duri e sconvolgenti della storia del Cinema.
Comincia senza fare sconti la fulgida carriera di cineasta di Haneke: un film terrorizzante, costruito con una freddezza che si riconosce nei colori desaturati, nella totale assenza di emozioni, con la camera spesso fissa, immobile a scrutare gesti e oggetti; c'è un filo ideale che congiunge, nell'arco di 20 anni, questo lavoro a "Il nastro bianco", soprattutto nel suo rigore ideologico , formale e tecnico.
La forza e la convinzione con la quale la famigliola decide di uccidersi sono l'esplicarsi della disperazione e della follia esplose e impossibilitate a tornere quiete, sono la fenomenologia dell'annichilimento mediata da una violenza distruttrice che atterrisce.
E' un film durissimo, che spaventa; fa profondamente male lasciando un sudore freddo e un senso di torsione delle viscere come solo le storie che passano lasciando un vivo senso di dolore sono capaci di fare.
Ciao, ricambio la visita e ti faccio anch'io i complimenti per il tuo blog, per la scelta dei film e soprattutto per la testata con la splendida Maggie Cheung! ^^ Ti linko e passerò ogni tanto a trovarti.
RispondiEliminaTrovo Haneke davvero uno dei registi europei attualmente più interessanti: purtroppo non ho (ancora) visto questi suoi primi film, lo conosco soltanto dal primo "Funny games" in poi, ma cercherò di recuperarli, a maggior ragione se - come dici - la sua mano si vede sin dagli esordi.
Grazie a te Christian, è sempre un piacere parlare di cinema con persone competenti e appassionate :)
RispondiEliminaTrovo che questo film sia agghiacciante e che tutta l'opera di Haneke, dal primo fotogramma di questo fino all'ultimo de "Il nastro bianco", sia assolutamente coerente con la maniera di fare cinema del regista austriaco.
Sono passati due anni dalla tua recensione. Ottima e precisa, tranne per il fatto (importantissimo) che il titolo si riferisce a quell'isola di rifiuti che si "auto forma" nell'oceano grazie alle correnti. Chiamato appunto "settimo continente" data la sua enormità. Simbolo indiscusso del consumismo.
RispondiEliminaComplimenti comunque per le tue parole.
A presto.
Federico
Sai che non sono sicuro che sia giusta la tua interpretazione? Se non ricordo male il titolo aveva un riferimento all'Australia, luogo che compare fugacemente nel film e che dovrebbe essere la destinazione della famiglia; magari ricordo male, ma credo di no.
RispondiEliminail settimo continente èp il paradiso.
RispondiEliminasensibile, bellissimo, triste come è la vita di questo secolo, vuota. uccisi ideali uccisi affetti ucciso lo spirito. unica cosa che mi chiedo: come è possibile che haneche abbia 4 figli ?
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