sabato 20 febbraio 2010

Lebanon ( Samuel Maoz , 2009 )

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La guerra vista dal mirino


Libano 1982, l'invasione israeliana è appena inizata dando vita alla prima guerra del Libano, primo episodio di una lunga serie di efferatezze belliche; il campo di girasoli che riempe lo schermo nel primo fotogramma è drammaticamente illusorio, dopo pochi attimi siamo ingoiati nel ventre di un carroarmato insieme ai membri dell'equipaggio. E' come scendere in un sol attimo agli inferi, in un girone stretto ,angusto, lercio dove regna la paura e il rifiuto per la guerra, dove nessuno sa fare il lavoro per il quale è stato addestrato, dove l'inadeguatezza si tocca con mano come il continuo, viscido gocciolare delle pareti di ferro del tank; sembra quasi una metafora potente del lerciume della guerra, se non fosse che la guerra è la fuori, quasi lontana, toccata solo dal mirino che sa avvicinare molto di più di quanto possano consentire le leggi ottiche.
I quattro sono lontanissimi dagli stereotipi dei guerrieri per professione che popolano gli schermi da decenni : nessuna atteggiamento da esaltati, nessun eroismo , niente della tanto decantata professionalità dell'esercito israeliano, solo paura, terrore e incredulità: mai si erano visti descritti in questo modo dei soldati così lontani dalla guerra e dalla sua follia.
Il mirino rimanda negli occhi istantanee nitide, dolorose, cattura quello che l'occhio di un soldato mitra in spalla non percepirebbe mai: un asino agonizzante dai cui occhi scende una lacrima, un quadro della Madonna che osserva la strage, un manifesto con la Torre Eiffel , immagini affilate e taglenti che sbattono in faccia come in un attimo la normalità diventa emblema della morte.
Il clima da fogna che si respira nel carroarmato annichilisce i giovani soldati e affonda i suoi acuminati artigli nelle carni di chi guarda, la guerra sa gettare nel più nefando baratro ogni cosa, diviene opprimente e stordisce per la sua violenta claustrofobia fino a insinuarsi nel corpo di ferraglia ormai circondato.
L'alto senso anti bellico del film è ottimamente tratteggiato da Samuel Maoz senza far mai riferimento a slogan o facili letture salottiere: descrivere senza fronzoli e senza filtri la guerra e l'annichilimento che porta è già di per se scelta rivoluzionaria ed è senz'altro il punto di forza di questo film, che se un difetto ha è solo quello di presentare un esterno carroarmato forse troppo convenzionale, con scene di guerra viste troppe volte.
La fuga dall'accerchiamento terminerà nuovamente in quel campo di girasoli, all'interno del quale si poserà il gigantesco veicolo di ferraglia e l'apertura della torretta permetterà ai soldati di respirare finalmente una boccata di aria  e di osservare qualcosa che non abbia l'odioso colore del carro e quello nauseante della guerra.

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