Giudizio: 6/10
Il regista spagnolo Antonio Mendez Esparza, da alcuni anni trasferitosi in Florida dopo avere anche studiato negli States, dirige La Vida y Nada Mas presentato alla Festa del Cinema di Roma , dopo avere ottenuto premi e riconoscimenti al Festival di San Sebastian.
La storia si coagula intorno ad una famiglia afroamericana della Florida e attraverso essa diventa il racconto di tutta una comunità, appunto quella dei neri d’America.
Il protagonista è il giovane William un quattordicenne che vive con la madre e la piccolissima sorella, il padre è in galera e di fatto non ha rapporti con la famiglia, sebbene il giovane soffra per la mancanza di una figura paterna.
La madre lavora in un fast food e lui la aiuta nell’accudire la sorella, alternando queste attività a quelle pericolose che la strada offre.
Quando un uomo si intrufola nella vita della famiglia stringendo una relazione con la madre, William reagisce nell’unica maniera possibile, iniziando un percorso duro per uscire dalla situazione in cui si trova.
Film tra i più verbosi che si ricordino, La Vida y Nada Mas è girato in maniera realista , come un film a basso budget che si rispetti ( gli attori sono praticamente tutti non professionisti), ma al di là dei consueti luoghi comuni sulle comunità nere, l’esplorazione di un mondo che avverte il pericoloso ritorno delle tensioni razziali ( non a caso il film è ambientato nei giorni delle ultime elezioni presidenziali) si infrange sul limite di una sceneggiatura troppo ricca di dialoghi fin troppo articolati soprattutto se riferiti al particolare contesto sociale e personale; pur considerando la ovvia differenza dei temi trattati in certi momenti sembra di essere di fronte al Woody Allen più logorroico e tutto ciò appesantisce il racconto.
A ciò aggiungiamo un paio di situazioni non secondarie quali ad esempio la comparsa dell'uomo che si intrufola nella vita della madre di William francamente forzate , o comunque sviluppate in modo deficitario ed ecco spiegato perchè A Vida y Nada Mas è lavoro che troppo spesso non convince in maniera completa.
Di contro la figura del protagonista porta con il sè il giusto carico di empatia soprattutto in relazione alla sua situazione di disagio nel confrontarsi con l'ambiente esterno e risulta l'aspetto certamente più valido del film.
L’impressione è quella che Mendez Esparza abbia tentato di celare la sua prospettiva da europeo e quindi sicuramente più analitica e meno suscettibile di cadere nel pistolotto moraleggiante, senza però riuscirci, per non parlare di alcuni punti deboli della scrittura.
Stavolta non possiamo parlare di lavaggio di coscienza della società americana per i motivi esposti, ma il risultato però non cambia; per fortuna l'epilogo riesce ad evitare con cura il trappolone finale, e questo è già qualcosa.
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