venerdì 7 febbraio 2020

Corpus Christi ( Jan Komasa , 2019 )




Corpus Christi (2019) on IMDb
Giudizio: 9/10

" Perdonare non è dimenticare, perdonare è amore" : è questo lo stringatissimo nucleo narrativo di Corpus Christi del regista polacco Jan Komasa, giustamente inserito nella short list delle nomination all'Oscar per migliore  film in lingua straniera ( quando si tratta dei film stranieri la Academy sa ben scegliere quelli migliori...); l'opera di Komasa è infatti una profonda , dolorosa e anche accorata analisi della fede  e soprattutto della colpa e dell'espiazione all'interno di una religione fondata sulla grande forza tradizionale e conservatrice come si verifica nella cattolicissima Polonia.
Al centro del racconto c'è Daniel un giovane delinquente, dedito alla droga, teppistello che ha seppur involontariamente procurato la morte di una persona e che per tale motivo sconta il periodo detentivo in un riformatorio lavorando presso la segheria.
Sebbene il ragazzo sia ancora carico della rabbia giovanile che lo ha portato a condurre una vita al limite, in carcere si avvicina alla religione con la mediazione del cappellano: in una sorta di afflato mistico Daniel si compenetra nella religione , nella quale forse c'è spazio per un perdono che sembra inseguire, infatti cosa significa pregare se non parlare con Dio , esprimere se stessi e raccontare le proprie colpe che lui capirà ( come predica il cappellano)?


La buona condotta ottenuta anche grazie alla segnalazione del prete del carcere fa sì che Daniel venga rilasciato sulla parola: vorrebbe iscriversi ad un seminario dove coltivare la passione per la religione ,ma le regole clericali impediscono ad un delinquente della sua risma di potere accedervi e viene inviato a lavorare in una segheria di un piccolo villaggio dove potrà reinserirsi nella società.
Ma il conto di Daniel con la società e con la rabbia autodistruttiva  che lo alimenta lo porta subito ad agire in maniera inopportuna : dapprima partecipando ad una festa a base di droga e sesso e quindi a non presentarsi alla segheria; la visione della chiesa del villaggio è per lui quasi una attrazione irresistibile e con un equivoco tipico da commedia brillante, il ragazzo si spaccia per un giovane sacerdote e viene scambiato per il sostituto del parroco che dovrà allontanarsi per qualche tempo.
Inizialmente visto con un po' di sospetto, Daniel , aiutandosi anche con internet in una sorta di corso accellerato di religione , diventa presto ben voluto dai parrocchiani grazie al suo approccio informale e molto popolare alla religione .
La comunità che lo ha accolto è tormentata dal peso di una immane tragedia accaduta qualche anno prima quando sei giovani vite furono stroncate in un incidente stradale provocato da un ubriaco: un altare tra il pagano e il religioso all'ingresso del paese ricorda a tutti il dramma avvenuto e che ha lasciato una lunga serie di strascici nei paesani.
Daniel decide di metter fine agli odi e ai rancori della comunità , di rimuovere la colpa e stimolare il perdono, sebbene la gran parte del paese, compreso il sindaco, siano contrari a riabilitare colui che fu la causa di tutto e al quale è stata addirittura negata la sepoltura.
Poi il passato si riaffaccia nella vita di Daniel e nel finale , potentissimo, assistiamo a una sua trasformazione cristologica , una sovrapposizione tra se stesso e la figura di Cristo che lo affascina in maniera mistica e morbosa.

Corpus Christi è un lavoro duro, che affronta molti aspetti della fede e della religione, che si pone in aperta critica con la chiesa ufficiale incancrenita su posizioni ortodosse e arcaiche, un mastodonte immobile, incapace di venire incontro alle esigenze dei fedeli.
Ma soprattutto Komasa ci racconta una storia di colpa , di perdono, e di come sia possibile trasformare una nell'altro: nel film la colpa grava su tutti, dal vicario ubriacone che fuggì dal seminario per una notte brava a Daniel che ha ucciso e condotto una vita estrema , sebbene anche da "prete" non manchino i comportamenti atipici,  il peccato è sulla popolazione che chiusa nel suo dolore ha voluto esorcizzarlo trovando il colpevole della tragedia nell'estraneo al gruppo, la colpa è anche su chi è morto, come scopriremo, e su chi è rimasto a piangerlo, la colpa è persino sulla giovane Eliza ,  figlia della perpetua, colei che trova subito la sintonia  con il falso prete e , probabilmente  intuendolo , con il suo dramma.
Ma Komasa va anche oltre, dalla bocca del Parroco del villaggio sentiamo dire: " La Confessione non risolve nulla riguardo al peccato commesso", il peccato deve trovare il perdono , perchè solo allora si ricostituisce la sintonia uomo-Dio; in molte parti del film il regista sembra impelagarsi in discussioni teologiche , ma in effetti il suo tentativo, attraverso la figura di Daniel, è quello di offrire una risposta ad una religione ingessata e sempre più lontana dai bisogni dei fedeli.
Ed è il vero punto di forza quello di mettere al centro del racconto un personaggio che ha molto da farsi perdonare, che forse fino alla scena del sottofinale in cui celebra l'ultima messa ancora non è riuscito a rimuove in noi il sospetto che tutto sia una atteggiamento puramente opportunistico, un personaggio che però cerca un legame mistico, carnale sensoriale con Dio perchè sa che è l'unico che può offrirgli il perdono.
Viceversa il tema della colpa collettiva di una comunità incapace di perdonare solo perchè così continua a proteggere  se stessa è il peso di riconoscere la propria colpa che rende difficile il perdono anche se si è credenti ferventi; tutta la tematica della colpa e del perdono trovano quindi la spiegazione nella frase con la quale abbiamo aperto all'inizio e che sentiamo diverse volte pronunciata nel film.
Corpus Christi possiede una forza spirituale trainante che si colora di provocatorietà,  di senso profondo religioso, di essenza della fede, di una interpretazione quasi laica della religione, di un senso di riscatto e di sacrificio personale, di una sovrapposizione alla figura di Cristo del protagonista, mistico delinquente e imbroglione ma anche animato da un amore religioso per chi sa regalare il perdono; il film di Jan Komasa è insomma uno dei più belli, profondi, emozionanti del 2019, capace di regalarci un personaggio, magnificamente interpretato da un superbo Bartosz Bielenia, di quelli che rimangono impressi per tanto tempo.

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