martedì 11 febbraio 2020

Kim Ji-young : Born 1982 ( Kim Doyoung , 2019 )




Kim Ji-young: Born 1982 (2019) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Tratto dal romanzo dal titolo omonimo di Cho Namjoo, autentico fenomeno letterario non solo in Corea e assurto in breve tempo a manifesto femminista contro le discriminazioni di genere della ipermaschilista società sudcoreana, Kim Ji-young: Born 1982 della regista esordiente Kim Doyoung è stato di pari passo uno dei film più di successo, di critica e di pubblico, del 2019 nella stessa Corea del Sud.
Limitarne il significato al solo aspetto di critica sociale costituisce però un errore di sottovalutazione del film, perchè al suo interno ci sono diverse altre tematiche prima tra tutte quella della malattia mentale.
Kim Jiyoung è una donna sposata, ha un marito premuroso e una figlia avuta da poco tempo motivo per il quale ha dovuto abbandonare il lavoro per dedicarsi alla cura della bambina; nonostante tutto sembri andare nel verso giusto, nell'animo  della donna alberga la delusione per l'abbandono del lavoro e al contempo l'oppressione  sia della famiglia del marito che della propria, famiglie tradizionali , improntate ad un machismo persino violento e a un ruolo meramente marginale della donna.


Il marito, nonostante la sua premura e la gentilezza non riesce a compenetrare il disagio della donna, a maggior ragione quando, seppur saltuariamente, si accorge che  la moglie parla come se fosse un'altra persona ( a volte la madre , altre volte la suocera); temendo un problema di tipo mentale si reca da una psichiatra la quale insiste affinchè la donna si presenti da lei, non potendo altrimenti comprendere la situazione clinica.
Kim rifiuta sempre di recarsi dalla psichiatra, inconsapevole di quei momenti in cui sembra essere un'altra persona, almeno fino a quando ciò avviene davanti alla madre e di conseguenza il marito è costretto ad informarla della cosa.
Il finale, ottimista e un po' troppo tirato via frettolosamente, sembra mostrare una via d'uscita per la donna.
Tutto il lavoro di Kim Doyoung viaggia sul doppio binario della denuncia sociale e del disagio mentale motivo per cui, come si diceva poc'anzi è altamente limitativo considerarlo  solo un film di denuncia sulla condizione femminile in un paese che riguardo alla parità dei sessi è ancora piuttosto indietro, a causa essenzialmente di una tradizione fortemente patriarcale.
A conferma di ciò , rapidi flashback ci informano su come anche in età più tenera la protagonista fosse in condizione psicologica disagiata, con un fratello che catturava tutti gli interessi paterni a discapito suo e della sorella.
E' indubbio che il disagio sociale e quello psichico della protagonista trovano un forte substrato nelle convenzioni sociali, in una società che non accetta il lavoro femminile, non  a caso nettamente sottopagato rispetto a quello maschile, nella gestione famigliare demandata in toto alla madre, nella forte influenza che le famiglie soprattutto quella del maschio hanno sulla vita coniugale, nella cura dei figli esclusivamente demandata alla madre.

A poco serve un marito che cerca di rendersi utile e di affiancare la moglie al punto di pianificare un anno di aspettativa per fare far tornare la donna al lavoro per sentirsi nuovamente viva e liberarsri della depressione; le convenzioni sociali e il potere tradizionale della famiglia lo impediscono al punto che Kim , che pure aveva trovato il lavoro grazie alla sua ex-boss, autentica eroina della indipendenza e della caparbietà femminile, è costretta a metter da parte il progetto.
Solo l'esplosione della malattia , una forte depressione ad impronta quasi allucinatoria, metterà tutti di fronte alla condizione di prostrazione e di disagio profondo che avvolge la giovane donna, finalmente convinta ad affrontare lo psichiatra e quindi i suoi fantasmi.
Il lavoro della regista coreana è film equilibrato, mai urlato, mai eccessivo anche nei momenti  di più alta drammaticità, costruito su bei personaggi che rapiscono subito dal puto di vista empatico quali sono la protagonista ed il marito; direi addirittura sorprendente il tratteggio che fa la regista di quest'ultimo, lontano dai clichè di machismo becero e di bieca insensibilità: anzi qui siamo di fronte ad un personaggio che si tiene il carico emotivo della condizione della moglie sulle spalle silenziosamente disposto a tutto pur di lenirne il disagio.
La pellicola, per il resto bella e ricca di pathos, presenta un solo grosso difetto: il finale francamente troppo sbrigativo, specialmente nella risoluzione del problema della protagonista, quasi un colpo di spugna che repentinamente spazza i fantasmi e i dolori; probabilmente un percorso un po' più articolato avrebbe maggiormente giovato alla riuscita generale dell'opera.
Eccellenti le prove dei due attori principali: JungYumi , nei panni di Kim, porta bene sullo schermo i tormenti della protagonista e i fantasmi che si agitano dentro, mentre Gong Yoo offre una prova misurata e ricca di pathos nei panni del marito.



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