domenica 28 febbraio 2010

Il trono di sangue ( Akira Kurosawa , 1957 )

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Rivisitazioni cinematografiche
Il primo incontro Shakespeare-Kurosawa

E' ambientata nel Giappone medievale del XVI secolo la geniale e grandiosa rivisitazione shakespeariana del Macbeth da parte di Akira Kurosawa, che molto sentiva l'altissimo senso di tragicità insito nelle opere del grande scrittore inglese; è tanta l'affinità che nulla appare forzato, sebbene il film ricalchi in maniera quasi speculare gli eventi della tragedia.
Il tema universale della brama di potere che conduce alla follia offre terreno fertilissimo alla grande capacità del Maestro di raccontare l'Uomo: cambia l'epoca storica, cambia la struttura narrativa ma l'acutissimo occhio del regista scruta con la medesima maestosità le insane ambizioni che albergano nell'animo umano.
Il film , pur conservando la sua teatralità negli ambienti, si presenta di amplissimo respiro, percorso dai fremiti tragici e al contempo grandioso nella sua scenicità: la nebbia che avvolge il castello, le schiere di soldati pronte alla battaglia,le ampie vallate che compongono il feudo di Washizu, sono le quinte teatrali che avvolgono la storia di un uomo dai sani principi in cui la moglie instilla e porta alla luce la  recondita e sfrenata sete di potere che distruggerà tutto intorno alla lui, portandolo alla follia e alla morte.

Kurosawa crea due ambienti scenici di quelli che rimangono indimenticabili: un castello che diventa il fulcro del male e della follia, in cui il sangue gronda dalle pareti, e una labirintica foresta dove il dramma ha inizio e fine e che si ammanta di una stupefacente forza orrorifica; come per il portico di Rashomon il genio di Kurosawa crea due luoghi quasi magici, capaci di decidere il destino dei protagonisti e di ergersi a elementi determinanti della storia intera.
Toshiro Mifune offre una prova superlativa nelle vesti di Washizu, capace con pochi gesti del viso di trasmettere il tormento interiore prima e la ferocia poi di un uomo ormai perso dietro al suo disegno di terrore e morte, mostrandosi in certi frangenti quasi eccessivo e  fin troppo teatrale nell'esprimere i fantasmi che lo agitano.
Il film si apre e si chiude con un coro di chiarissima derivazione dalla tragedia greca, in cui si racconta di come in quelle lande desolate che ci scorrono sotto gli occhi, prima regnasse chiuso in un castello, un uomo che troppo bramò e di come il trionfo del male è sempre vano. E' tragedia dall'inizio quindi e torna ad essere tragedia pura nelle montagne e nei luoghi dove il castello ergeva e di cui non rimane nulla, tranne una colonna , simulacro imperituro della follia umana.

3 commenti:

  1. Grandioso, come sempre con Kurosawa. Alcune scene sono incredibilmente potenti, e la rivisitazione shakesperiana in chiave giapponese è perfettamente riuscita (a testimonianza, naturalmente, anche dell'universalità delle opere del Bardo).

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  2. secondo me, è l'opera milgiore di kurosawa (anche se è difficile sceglierne una), perchè lo trovo il suo film più visionario e immaginifico (la sequenza nel bosco del primo incontro col fantasma è una delle cose più belle che abbia mai visto)oltre che uno dei più coinvolgenti; abilissimo poi il Maestro a riprendere i temi dell'opera di shakespeare e rifarli propri, realizzando un film davvero immenso.

    PS. Complimenti per il tuo blog!

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  3. Oddio, è difficle da dire, per quanto possibile credo che Rashomon e I sette samurai, a mio parere , rimangano le due opere maggiori; di sicuro questa è una lettura magnifica del Macbeth, grondante tragedia greca classica in ogni fotogramma; è vero Monsier la foresta è uno dei luoghi filmici più grandiosi che siano mai stati concepiti nel Cinema.

    PS : grazie per i complimenti :)

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