martedì 18 maggio 2010

L'uomo che verrà ( Giorgio Diritti , 2009 )

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Lo sguardo "vero" sull'orrore

Finalmente anche il boccheggiante Cinema italiano riesce a sfornare un'opera di quelle la cui visione andrebbe categoricamente imposta , a partire dalle scuole, prima che la barbarie culturale imperante della spazzatura televisiva annienti ogni cellula cerebrale ed ogni coscienza.
E questo non solo e non tanto perchè L'uomo che verrà narra una delle pagine più tragiche della recente storia italica, ma soprattutto perchè lo fa con una forma poetica e rigorosa in cui la storia è raccontata con gli occhi e con la mente di chi certi eventi li ha vissuti: una storia vera che non si legge sui libri e di cui ormai si sa tutto, ma che nasce da dentro gli eventi.
La strage di Marzabotto avvenuta nel tardo 1943 nelle zone montuose vicina a Bologna, è al centro delle vicende narrate da Giorgio Diritti nel film: gli occhi, le parole e il cuore che parlano sono quelli di Martina, 8 anni, che verso la vita mostra già una rabbia silenziosa dal momento in cui il fratellino in fasce muore tra le sue braccia. Osserva tedeschi arroganti e prepotenti bussare alla sua fattoria, partigiani  che abbandonano il forcone e imbracciano il fucile, osserva la vita quotidiana che scorre scandita dalle stagioni, fantastica sui paracaduti che piovono dal cielo e soprattutto attende l'arrivo di un nuovo fratellino.

La rappresaglia nazista spazza via il suo candore fanciullesco e la getta, bambina costretta a divenire adulta in fretta, nella lotta per sopravvivere, riportandole in dono oltre che il piccolo fratello anche la parola rifiutata fino ad allora.
Che Diritti sia stato assistente di Omi lo si capisce immediatamente, tanto lucida e rigorosa è la descrizione della vita contadina, ricca di riti sospesi tra il sacro e il profano, con un atavico attaccamento alla terra, rafforzato dalla scelta del dialetto che dona una musicalità piacevole ai dialoghi;  la quotidianità, seppur tra mille difficoltà, raccontata in tutti i suoi aspetti, dona una poesia che va al di là delle immagini bellissime.
Ma soprattutto manca totalmente ogni forma di retorica, pericolo sempre incombente quando si tratta di prendere di petto la Storia, schivando revisionismi e/o iperrealismi facili e ricattatori emotivamente. E' una storia con la esse minuscola, quella fatta dal basso , la più vera, quella che offre i momenti più genuini  e che si appropria della vita dei protagonisti.
Gli occhi innocenti e disincantati di Martina , sono il nostro tramite per infilarci nelle pieghe di quella storia non scritta, poco raccontata, ma che sa esplodere in tutta la sua tragica e amara grandezza, come solo le cose semplici sanno fare.
Un film magnifico, di quelli che vorresti non finissero mai tante sono le cose che sembra abbia da raccontare, in cui l'impatto visivo e l'emozione che lo percorre lasciano il segno profondo, a maggior ragione quando tutto, dall'inizio alla fine, sembra sussurato, con lucido dolore ma senza eccessi o facili espedienti e scrutato con gli occhi profondi e con lo sguardo splendido della piccola Greta Zuccheri Montanari.

1 commento:

  1. Il migliore film dell'anno , a mio parere, il piglio derivato dal mestro Olmi si vede tutto e la storia sgorga dalle cose , con sincerità e spontaneità

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