giovedì 8 ottobre 2015

A Stranger [aka Obrana i Zastita] ( Bobo Jelcic , 2013 )



A Stranger (2013) on IMDb 
Giudizio: 7/10

Nella Mostar dei giorni nostri, ancora segnata dalle ferite della lunga guerra che lasciano segni indelebili su quella che viene considerata una delle città più ricche di storia d'Europa, anche partecipare ad un funerale può scatenare una profonda crisi di coscienza: è quello che succede a Slavko quando il suo vecchio amico Djulaga stira le cuoia; il primo è cristiano-croato il secondo è bosniaco-musulmano emblemi di una città divisa in due da una impalpabile linea di confine immaginaria che mette su due sponde opposte i suoi abitanti una volta alleati contro i Serbi e poi acerrimi nemici divisi dalla fede  e dalle tradizioni millenarie.


Slavko vorrebbe andare al funerale, è amico di vecchia data della famiglia del defunto, la moglie è mezza imparentata con essi, ma dentro di sè continua a ripetere la frase che gli rinfacciano i suoi amici croati " Pensi più a loro che a noi", sente l'obbligo morale ma teme le reazioni dei croati e quelle della moglie che vorrebbe vederlo ben più deciso e privo di imbarazzi.
A Stranger è film che gioca tutto su questa ossessione, qualcuno ha detto che è un film in cui non succede nulla, ed in buona parte è vero, ma i sussurri, il non detto, gli sguardi e i silenzi invece dicono molto.
Raccontano di una città che è un po' l'emblema delle scorie accumulate dalla guerra: società frantumata, famiglie divise , amicizie traballanti, futuro fosco pericolosamente in mano ad oscuri faccendieri capoclan come quel Dragan cui Slavko cerca di rivolgersi come farebbe un vassallo col suo principe; Mostar come quella che un tempo fu la Jugoslavia dispersa nei rivoli delle repubbliche nate da una guerra che è stata anzitutto etnica e di religione.

Il racconto che fa Bobo Jelcic , all'esordio nei lungometraggi, è quello di una giornata ordinaria di un uomo che rispecchia nel suo doloroso dubbio e nelle conseguenze della sua scelta una incertezza interiore che è però quella di tutta una comunità; A Stranger è una storia piccola dove succede veramente poco, dove spesso seguiamo il protagonista da vicino nei suoi gesti quotidiani, nel suo battibeccare con la moglie, nella sua assurda e grottesca anticamera nella sala d'attesa per incontrare l'ineffabile Dragan; ma è anche una storia che vive su una sottile ironia che traspare nei dialoghi fittissimi carichi di polemica e di puntiglio, nei comportamenti degli impiegati che lavorano per Dragan, persino nel burrascoso rapporto di Slavko col figlio che vive in Croazia per finire ad un surreale duplice suicido che esiste solo nella testa del protagonista incapace di sopportare un peso che è sovraumano solo per lui.
Ma il substrato su cui la pellicola galleggia è quello del racconto sociologico ed antropologico di una società che sembra sull'orlo del baratro, con alle spalle una tragedia lungi dall'essere superata e che gli edifici sventrati nel centro di Mostar mantengono viva , un presente senza alcuna certezza ed un futuro che appare possibile solo lontano da casa.
Bobo Jelcic gira quasi sempre con la macchina da presa a mano, sta addosso ai protagonisti ma si guarda bene dal calcare la mano sull'aspetto sociale che nasce dalla divisione etnica ,anzi semmai guarda il tutto con aria quasi divertita che consente al film di mantenere sempre toni ed atmosfere non certo cupe e pesanti; è forse la mancanza di speranza quello che maggiormente emerge da A Stranger, un fatalismo cosmico dal quale è difficile fuggire.
Bogdan Diklic, attore croato con alle spalle quasi cento lavori cinematografici, è l'indiscusso asse portante del film nel ruolo del burbero e ossessionato Slavko, una prova degna di un grande attore di spessore.

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