Giudizio: 6/10
L’impressione che era affiorata dopo la visione della prima parte di The Crossing si consolida con il secondo capitolo: la scelta di presentare il film in due parti per pure finalità commerciali risulta scellerata, ancor di più in considerazione che nella sua valutazione complessiva The Crossing è pellicola più prossima alla delusione che al lavoro di qualità.
Per tale motivo la raccomandazione è d’obbligo: le due parti vanno viste in rapida successione perché vanno ritenute di fatto due puntate della stessa storia, pena la difficoltà di riannodare i fili narrativi.
L’opera di John Woo infatti nella sua seconda parte prosegue esattamente quanto era rimasto troncato brutalmente nella prima: stessa impronta, stessi ritmi , medesime atmosfere che concorrono a portare a termine le storie parallele che si sfiorano in talune circostanze nel corso del periodo storico che va dalla fine della guerra mondiale alla conquista della Cina da parte delle forze comuniste e la fuga dei nazionalisti a Taiwan.
Verso il finale di The Crossing: Part 2 è narrato l’episodio del piroscafo Taiping, al bordo del quale le vicende dei protagonisti che abbiamo seguito per alcuni anni giungono all’epilogo: il naufragio della nave che portò a morte migliaia di persone con pochissimi superstiti diventa quasi l’episodio finale che permette a Woo di riannodare i fili del racconto rimanendo però bel lontano dal volersi ergersi come il Titanic cinese, come molto superficialmente certa critica ha cercato di presentare The Crossing.
Che la definizione oltre che superficiale sia profondamente falsa lo dimostra il fatto che tutto sommato nell’arco delle oltre quattro ore complessive dell’opera il naufragio occupa una piccola parte nella quale tra l’altro , a parte un paio di scene, non c’è certo quello sfarzo tecnologico per ricostruire l’incidente come invece fece Cameron con il suo lavoro.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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