Giudizio: 7.5/10
He Jie è una giovane donna trapiantata a Chongqing , sposata con un uomo del posto che a soli 30 anni muore investito da un auto in strada; la donna accetta un risarcimento che in un primo momento deve esserle sembrata una bella cifra anche perchè le condizioni di vita della donna non sono brillantissime , avendo da accudire anche la suocera nella piccola abitazione fatiscente in cui convivono.
Col passare del tempo però in He Jie si fa strada l'idea , basata su un conteggio aritmetico, a dire il vero piuttosto singolare, che la vita del marito è stata valutata troppo poco, qualche decina di yuan al giorno secondo i suoi calcoli; morta anche la suocera decide di cambiare vita: si licenzia dall'asilo dove era impiegata , trova lavoro a tempo pieno in una famiglia del ceto medio in uno di quei grattacieli che occupano la sterminata skyline di Chongqing dove va anche a vivere e che si trova, non sappiamo quanto per caso, di fronte al comprensorio dove vive la coppia che investì il marito e a cui lei si era rivolta per cercare di avere altro denaro convinta della assoluta modestia del risarcimento ottenuto.
He Jie passa il tempo libero a spiare la casa della coppia di fronte prima di passare all'azione con atti di piccolo vandalismo contro la mercedes dei due , status symbol del benessere.
Nella donna ormai è in atto un processo di ribellione silenziosa che nasce dalla convinzione che la vita del marito valesse ben più di quanto ricevuto, e il continuo fare calcoli diventa quasi una ossessione, in realtà specchio di un profondo disagio.
Attraverso una circolarità che si esplica nella scena iniziale, in apparenza enigmatica, ripetuta verso la fine, il giovane regista Zhou Jie firma una opera prima che mostra qualche aspetto non pienamente convincente, ma che nel complesso si configura come un interessante sguardo sulla moderna società cinese e che trova in una semplice e banale domanda il suo perno intorno cui il racconto si muove: quanto vale la vita di un uomo? domanda che risulta ancora più drammatica in una società come quella cinese dove ormai tutto ha un prezzo, proprio come in una qualsiasi società a totale indirizzo capitalistico; non a caso He Jie inizia la sua azione di ripensamento proprio quando viene a sapere che una antica giada può valere una cifra di molto superiore a quella ricevuta da lei per la morte del marito.
Blue Amber è film diretto in maniera molto defilata dal regista: non accentua i caratteri dei personaggi, non esprime mai giudizi, preferisce descrivere senza intromettersi nella dinamica della vicenda, afferma pesantemente con la forza delle immagini il concetto che la Cina moderna è ormai schiava del denaro e che ogni etica è sacrificata sull'altare dei soldi, di cui si sente parlare in continuazione nel film, proprio a convincerci che anche la Cina è diventata un paese dove tutto ha un prezzo.
Le disparità sociali trovano il loro punto di confronto dinamico proprio tra la protagonista e la famiglia in cui vive, appartenente alla classe media e quindi inserita nel meccanismo capitalistico al punto che il figlio della coppia, il giorno del compleanno , una volta spente le candeline afferma che il desiderio che ha espresso è che il padre possa avere finalmente una mercedes nera; di contro He Jie passa le giornate a fare i conti con la calcolatrice che emette immancabilmente con una fredda voce meccanica l'ammontare delle cifre e che aumenta il suo disagio e il suo senso di rivalsa silenziosa, i datori di lavoro fanno calcoli su mutui e acquisti da fare e lei invece va da una medium (probabilmente imbrogliona) per sapere dal marito e dalla suocera cosa deve fare.
Quello che rende , almeno inizialmente, un po' ostico lo sviluppo e la comprensione piena della storia, è la scelta del regista di frammentare in maniera estrema il parametro tempo: il racconto infatti procede a salti fra svariati piani temporali e si è costretti a ricucire i frammenti per rendere più organica la trama; è anche vero però che il ritmo del film è tale che seguire l'evoluzione non è certo impossibile.
Infine risulta molto efficace la scelta di mostrare il tessuto urbano di Chongqing, emblema ormai universalmente riconosciuto della urbanizzazione selvaggia della Cina, come sfondo della pellicola: interminabili file di grattacieli e altri che ne nascono quasi come funghi, condomini enormi che ospitano una umanità che sembra persa in una colata di cemento, il destino di milioni di persone osservato da una selva di edifici freddi, tutti uguali, regno della disgregazione sociale.
Il finale, molto bello, tra l'onirico e il fantastico felliniano, è forse l'unico momento in cui sembra esserci calore sullo schermo , una possibile via d'uscita dall'isolamenmto e dall'egoismo che derivano dalla accettazione della legge che tutto ha un prezzo.
Unico difetto , il già detto problema della frammentazione temporale estrema e una parte centrale che sembra arrancare un po' tra il dramma personale e il thriller; per il resto , ed anche in considerazione che di opera prima si tratta, Blue Amber è lavoro molto interessante che sembra guardare come modello ispirativo al cinema della Sesta Generazione.
Il cast è tutto all'altezza, anche se la prova di Wang Zhener è indubbiamente quella più convincente, brava ad adattarsi ad un personaggio silenzioso ma che al suo interno nasconde un vulcano.
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