Giudizio: 7.5/10
Il regista e sceneggiatore taiwanese Hsiao Ya-Chuan ha diretto dal 2001 ad oggi tre lavori e un cortometraggio inserito nel film corale 10+10; nel suo background professionale spicca la collaborazione avuta con Hou Hsiao-Hsien il quale a sua volta si è posto come nume tutelare del regista essendo il produttore di tutti i lavori diretti da questo.
Quanto del Cinema di Hou ci sia in quello di Hsiao non è facile da dire, a livello di percezione però è chiaro che soprattutto il concetto di tempo e il suo sviluppo sembra molto vicino a quello del grande maestro.
Father to Son è infatti lavoro che ha proprio nel tempo, nella sua labilità concettuale, nel suo diradarsi e restringersi , nell'accavallarsi e contorcersi il pilastro fondamentale.
In una piccola città della provincia taiwanese vive Fan Pao-Te un sessantenne ancora aitante e in forza che gestisce insieme al figlio una ferramenta, inoltre l'uomo è anche un inventore dilettante e la sua capacità di risolvere problemi tecnici gli vale la stima di tutti; proprio durante un intervento in un ospedale diretto da un suo amico dai tempi della scuola, Fan , colto da violenti dolori, viene visitato dall'amico e gli viene diagnosticata una grave malattia al pancreas (non sapremo mai che tipo di patologia) che richiederebbe degli ulteriori accertamenti da eseguire però a Taipei.
Lungi dal seguire il consiglio dell'amico medico Fan continua a passare le serate in compagnia dell'amico spensierato ed edonista Hou, paladino del carpe diem e soprattutto progetta di effettuare un viaggio in Giappone, insieme al figlio, alla ricerca di notizie sul padre che 50 anni prima lasciò lui e la madre per tentare fortuna, una separazione che ancora oggi, dopo tanto tempo fa sorgere tante domande nella mente di Fan.
Proprio questo partire , a volte tornare e rimanere, altre volte no, è la chiave di lettura di Father to Son, a maggior ragione nel momento in cui da qualche parte nella storia spunta l'affermazione che " le storie del futuro si nascondono nel passato" ; sotto questa prospettiva assume una visione diversa l'ambiente dove il film è ambientato, un quartiere che sembra fermo nel tempo, dove basta giocare col bianco e nero e col colore per cambiare epoca e saltare negli anni inseguendo personaggi e vicende: non solo Fan , anch'esso pensò di mollare la famiglia ma ebbe la forza di tornare, ma anche una affascinante , misteriosa proprietaria di un albergo, carica di rimpianto e nostalgia, una proprietaria di una lavanderia malata , una giovane fotografa, un misterioso giovane che viene da Hong Kong e che sembra una reincarnazione giovane di Fan.
Tutto si miscela in un continuo cambiare registro temporale, spesso senza averne la piena consapevolezza, non fosse per il bianco e nero o per gli oggetti divenuti ormai lo spartiacque tra il passato ed il presente e cioè gli smartphone.
E' un film insomma questa opera di Hsiao che sembra galleggiare in un tempo indefinito, dove le storie si rincorrono, spesso sembrano ripetersi, quasi un perpetuarsi di un moto temporale infinito, all'interno del quale però ci sono molte altre tematiche: la storia di Taiwan e il suo legame col Giappone, i vincoli famigliari, il senso di nostalgia e di rimpianto per un passato all'interno del quale si nascondono veramente i destini delle storie odierne, il tema della morte e la paura che genera e le scelte che lasciano le impronte indelebili sulla vita.
Se da un lato soprattutto all'inizio questo incrociare registri temporali diversi lascia un minimo di disorientamento, una volta entrati nel meccanismo , che, ripetiamo, è il vero motore della pellicola, non solo si comprende meglio il significato di alcuni momenti, ma soprattutto si apprezza la bravura del regista nel manipolare il concetto di tempo, fino a farlo assurgere a centro filosofico del racconto; inoltre, nonostante qualche eccesso nel tentativo di rendere la storia più articolata, Hsiao, ben coadiuvato dalla fotografia di Lin Tse-Chung, riesce a strutturare anche uno spazio ben definito, con il giusto utilizzo della luce e della tonalità dei colori, conferendo nel complesso a Father to Son una buona eleganza formale.
Al di là di un sotto finale convulso, i toni del film sono sempre contenuti, in certi passaggi sembra affacciarsi qualcosa che ricorda il migliore Wong Kar-Wai , soprattutto nella costruzione delle atmosfere anche grazie ad una buona colonna musicale: insomma Father to Son è lavoro che soprattutto a livello di regia mostra i suoi aspetti migliori e validi.
Anche il cast è di indubbio valore: nella parte di Fan è molto bravo Huang Chung-Kun e brillante è anche la prova di Lung Shao-Hua, l'amico con cui passa le serate Fan; nella sua aura di mistero è convincente anche Aria Wang ( la proprietaria dell'albergo) e per finire bravo anche Fu Meng-Po nei panni del figlio di Fan Pao-Te.
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