Giudizio: 7.5/10
Rivisitazioni cinematografiche / 2
Rivisitazioni cinematografiche / 2
Il mare di Kitano
Terzo lungometraggio del Maestro giapponese il primo che esula in maniera netta da quelle che saranno le tematiche trattate nella maggior parte dei suoi lavori : non ci sono yakuza, nè pistole, ne sangue, c'è solo il mare, cui il film vuole decretare una sorta di elegia, elemento che sarà sempre presente nelle opere successive; non esiste inquadratura in cui non si veda il mare e per cantarne l'attrazione e l'amore che il regista prova per lui , ci narra la storia di un sordomuto stancamente impiegato come netturbino che trova uno slancio irrefrenabile quando tra l'immondizia trova una tavola da surf rotta: sarà amore a prima vista, da allora tutta la sua esistenza sarà votata ad imparare a cavalcare le onde. Lui e la sua ragazza, sordomuta come lui, che lo osserva dalla riva. Sono i volti e gli occhi dei due a raccontarci del loro tenero amore e ci riescono meglio di mille parole.
Kitano ci offre l'immagine del mare come elemento ristoratore, salvifico, inizio e fine di tutto, con inquadrature secche , nude, immobili, forse a volte un po' troppo ripetitive , ma che alla fine del film lasciano comunque qualcosa di delicato e di profondo.
Solo le onde e le cavalcate dei surfisti danno movimento alla pellicola, per il resto statica sui protagonisti e sui loro piccoli e intimi gesti.
Rivisto bene questo film, capiremo meglio il senso profondo delle spiagge di Okinawa in Sonatine o le spiagge deserte e sferzate dal vento di Hana-bi.
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