Giudizio: 4.5/10
Ormai ultrasettantenne e dopo circa vent'anni Leong Po-Chih torna a dirigere un film Hkese, lui che all'esordio nell'ormai lontano 1976 fu dichiarato come personaggio d'avanguardia della New Wave di Hong Kong. Dopo avere girovagato con fortune alterne tra Gran Bretagna e Stati Uniti , il ritorno all'origine si concretizza in un thriller piuttosto deludente, ad impatto prevalentemente commericale ad uso e consumo dei fans di Raymond Lam , mattatore del film.
Trama semplice: una giovane coppia va a vivere in una bella casa, al di fuori della quale alberga un barbone che si preannuncia subito come un uccello del malaugurio profetizzando che ben presto avrebbero dovuto scappare da quel luogo.
Arrivano due gemelli , di cui uno muore subito dopo il parto e nel frattempo la casa , nonostante le assicurazioni del venditore che millanta un Feng Shui ultrafavorevole , inizia a dare segni di strane presenze e di una aura maledetta, soprattutto per la presenza di una orribile bambola lasciata dal precedente proprietario e cha la giovane nuova inquilina ha voluto tenere per sè con grande soddisfazione.
Come thriller, va detto subito, Baby Blues funziona poco e male, mancando la materia prima: poca tensione, situazioni abbastanza ovvie; anche la trama che cerca di ingarbugliarsi per fomentare le attese e far salire la tensione è piuttosto maldestra; non ci sono i fantasmi storici della tradizione cinese e tutto si coagula intorno alla bambola che è retaggio di precedenti drammi vissuti nella casa al cui centro c'è sempre una coppia di gemelli.
Il tema poi della canzone scritta dal protagonista per una star dello spettacolo e che sarebbe carica di senso della morte francamente sembra un espediente piuttosto dozzinale: un musicista che fino ad allora aveva scritto canzoni commerciali e d'amore che viene colto da ispirazione crepuscolare dark al solo respirare l'aria della casa impregnata di tragedia nera e che scrive una canzone che chiunque la ascolta vomita, quando va bene, avrebbe potuto essere un interessante diversivo sarcastico ed invece il regista si prende troppo sul serio, costruendo intorno a questa situazione gran parte del film.
Insomma anche come materializzazione delle paure, dei rimorsi e dei tormenti Baby Blues funziona poco: anche questo filone del thriller psicologico, infatti, non regge , risolvendosi il tutto , troppo spesso, alla onnipresente e malvagia presenza della bambola, autentico deus ex machina del racconto.
I fans di Raymond Lam avranno di che divertirsi, visto che il loro idolo sta sullo schermo praticamente per tutti i novanta minuti del film; i collezionisti di bambole anche gradiranno il film, perchè questa è veramente brutta, sebbene dotata di movimenti propri e di un'anima vendicativa, e non si riesce a capire chi vorrebbe mai comprarne una così, quindi in una collezione ci starebbe molto bene.
Insomma Baby Blues è un film confuso, raffazzonato, messo in piedi quasi alla rinfusa che spiega poco, indaga ancor meno e si affida ad una storia che risulta essere troppo banale per avere una qualche possibilità di catturare lo spettatore.
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