martedì 18 marzo 2014

Borgman ( Alex van Warmerdarm , 2013 )

Giudizio: 5.5/10

" E scesero sulla terra per rafforzare il proprio essere" : con questa frase sovrascritta inzia Borgman dell'olandese Alex van Warmerdarm, cui segue una frenetica caccia all'uomo da parte di alcuni uomini tra cui un prete con tanto di fucile.
Come prologo non c'è male, anche se quella sovrascritta, il prete armato e i lunghi bastoni appuntiti di cui è armato il piccolo manipolo di cacciatori indirizza subito verso una idea ben precisa.
Chi sono questi uomini e donne che vagano per la campagna olandese e nelle piccole città linde e pulite?
Uno di essi Camiel Borgman si introduce furtivamente nella vita della classica famiglia benestante: bella casa con giardino, figlioletti biondi e belli, babysitter alla pari, una coppia che sembra non avere problemi e vivere la sua vita felicemente.
Ma l'arrivo di questo uomo, dall'aspetto di un barbone che chiede di fare un bagno, dapprima respinto dal marito, poi accolto di nascosto dalla moglie, ed infine assunto sotto le mentite spoglie di un giardiniere è l'inizio di un processo di deflagrazione famigliare inarrestabile.

Borgman è film che parte bene, promette molto nel momento in cui mostra come riferimenti  Haneke e Lanthimos, sembra volersi porre come una lettura quasi filosofica di come il male possa introdursi in ambienti che sembrano ben protetti e stagni, riesce persino a non essere pedante quando accenna, molto sottotraccia, a certe tematiche tipicamente olandesi (il razzismo ) o europee ( la crisi del lavoro), si focalizza con efficacia sulla figura di Marina la protagonista della coppia presa di mira dagli "sconosciuti"in preda ad una smania che cela un disagio latente verso il menage famigliare , riesce quasi a far credere ad esplosioni disturbanti e crude imminenti, ma poi sul più bello, quasi come un coitus interruptus, si perde, tutto si sgonfia,i fili pendenti non si riannodano, l'atmosfera vira verso lidi quasi da fantasy, il regista non osa e volge lo sguardo invece di approfondire certe dinamiche, finendo in maniera che definire banale è poco, lasciando oltre tutto troppi piccoli e grandi interrogativi senza un minimo cenno di risposta.
Ed è un vero peccato perchè il film per più della metà attanaglia, circuisce con la sua sottile morbosità, mostra una ambientazione algida, fredda, quasi disturbante; nella parte finale però si banalizza tutto lasciando abbastanza delusi.
La riflessione sul male, indotto attraverso gli "sconosciuti" che si insinuano nella vita "normale" e che riescono a far esplodere la più classica delle famiglie benestanti è interessante fintanto che la storia si muove sui binari dell'ambiguità e del non detto: ognuno ha i suoi lati oscuri in qualche angolo nascosto che aspettano solo di essere portati a galla, ma questa operazione a van Warmerdarm riesce solo nei suoi presupposti, tanto che il finale sembra più la favola del Pifferaio Magico che l'epilogo dei un dramma.
Qualcuno all'ultimo Festival di Cannes , dove il film è stato presentato in concorso, ha gridato addirittura al capolavoro: francamente di storie in cui il male risucchia nel baratro le famiglie, oltre che nella realtà, ne abbiamo viste decisamente di meglio al Cinema.

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