Ispirato ad uno dei tanti episodi di sparizione e uccisione rimasti irrisolti avvenuti in Corea, Voice of a Murderer di Park Jin-pyo, ricalca , a quattro anni di distanza, le tematiche che Bong Joon-ho descrisse mirabilmente in Memories of murders: il figlioletto di un famoso anchorman televisivo sparisce nel nulla, ben presto arrivano telefonate da parte del rapitore che chiede soldi in cambio del rilascio del ragazzino; il gioco a gatto e topo durerà più di 40 giorni durante i quali i genitori cercheranno disperatamente di compiere ogni gesto per riportare a casa il figlio, compreso schivare le grossolane e grottesche inefficienze della polizia che ha come unica traccia solo la voce del rapitore intorno alla quale vedono la luce i primi tentativi , goffi a dire il vero, di introduzione la tecnologia nell'attività forense
Secondo un consolidato clichè sempre in bilico tra thriller e dramma, ma con chiari e forti riferimenti sociali, Voice of a murderer si dipana in un racconto dove la tensione è sempre presente, in cui accanto alla progressiva follia che deriva dall'impotenza dei genitori, si assiste alla parata di inettitudine di poliziotti incapaci e rozzi, cardine immancabile dei film di genere, da cui scaturisce una immagine delle autorità pienamente negativa contrapposta ai proclami politici che assicurano la popolazione di fronte a simili episodi.
Ma il regista Park ne ha per tutti: media, religione e, tutto sommato, genitori stessi, motivo per cui nel film , a fianco ad una ben costruita tensione che va di pari passo con l'angoscia, si rintracciano evidenti segnali di denuncia.
Come il film andrà a finire è chiaro sin da subito, ma questo non deve essere considerato un limite per la pellicola, semmai è un pregio che si basa proprio sull'atmosfera di abbandono e di sfiducia che ben presto inizia a farsi strada tra le pieghe del racconto.
Il paragone col lavoro di Bong è inevitabile , anche se quello era più chiaramente un thriller calato in una realtà di provincia; Voice of a murderer prima di essere un thriller in cui manca totalmente, o quasi, l'azione è un dramma famigliare che si rispecchia in una realtà in cui la sfiducia per le istituzioni è profondissima, un ritratto di un'epoca in cui la Corea era ben diversa da quella che conosciamo oggi.
Nel complesso il film di Park ha il suo valore, sa ben riunire le varie sfaccettature della storia e i vari punti di vista, eccede probabilmente in un finale che oltrechè poco verosimile, appare francamente inutile, unico difetto grossolano di un lavoro che è comunque uno dei principali nel suo genere nel panorama cinematografico coreano.
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