Myung-hoon ha la possibilità di poter lasciare il campo di lavoro in Nord Corea insieme alla sorella adolescente: l'offerta gli viene fatta dopo che il padre è morto in missione dall'altra parte del confine; per il giovane diciottenne è l'ultima via per una vita migliore, fuori dal baratro della prigionia.
Il patto prevede che debba compiere una operazione a Seoul, finita la quale sarà libero , lui e la sorella.
Dopo due anni di addestramento il giovane viene inviato in Corea del sud sotto le mentite spoglie di profugo, come copertura una famiglia di spie del nord lo adotta come figlio, con tanto di iscrizione in un liceo.
Il giovane è sì spia efficiente e ben addestrata, ma pur sempre poco più che adolescente per cui a scuola nasce una simpatia con una coetanea che lui difende dagli immancabili bulli.
Quello che Myung-hoon non sa è che la sua missione fa parte di una guerra intestina sorta all'interno dell'esercito e dei servizi segreti del Nord, proprio in concomitanza della morte del presidente Kim Jong-il; ben presto si troverà tra una selva di nemici, alcuni ordinari, come le forze sud coreane, altri invece inaspettati come i suoi connazionali.
Il giovane però è deciso a salvare se stesso e la sorella e soprattutto a intraprendere una vita nuova, lui che ama il pianoforte e che è diventato non un eroe nazionale bensì uno spietato assassino.
La solitudine e il travaglio delle spie è topos cardine nel filone delle spy story e Commitment non viene meno a queste aspettative: qui non ci sono personaggi romanzati ed eroi romantici che richiamano James Bond, bensì disperati, sporchi e cattivi che cercano una via per la sopravvivenza ben sapendo che spesso sarà proprio chi ti crea la copertura quello che alzerà per primo la pistola contro di te.
Come thriller-spy story il film funziona anche perchè va sul sicuro inseguendo dinamiche e situazioni abbastanza ben consolidate, costruendo il più classico schema del doppiogioco e della faida interna di cui la spia è la vittima designata; il personaggio su cui si impernia il film, il giovane Myung-hoon è ben strutturato e con lui si instaura subito quel legame un po' perverso da parte di chi guarda che vorrebbe alla fine vedere il cattivo che diventa buono.
Viceversa alcune altre cose, sebbene ben stereotipate anche esse, convincono meno: l'ovvio e stucchevole manicheismo per cui al sud sono tutti buoni, pronti a correre in soccorso persino di una spia ormai bruciata, quando sappiamo che nella realtà sarebbero i primi a sfruttare a loro vantaggio la situazione e un ricercato e continuo contorcersi della trama, spesso con espedienti poco convincenti, appaiono i punti deboli del film.
Quello che fa di Commitment un film valido sono , oltre alla figura del protagonista, il buon ritmo, le scene d'azione abbastanza ben dosate e credibili, una certa ironia del regista nel descrivere la vita delle spie in Sud Corea ben felici di attingere al benessere "borghese" ed un finale che regala comunque uno squarcio di luce.
Nei panni della giovane spia va segnalata la credibile prova di Choi Seung-yun , meglio conosciuto come T.O.P., famoso rapper coreano con qualche divagazione nel cinema, che bene riesce a rendere le sfaccettature del protagonista.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.