venerdì 7 marzo 2014

Mandariinid [ aka Tangerines ] ( Zaza Urushadze , 2013 )

Giudizio: 8/10

La guerra in Abkhazia del 1992-93 è stato uno dei quei conflitti bellici dimenticati e sporchi cha hanno contrassegnato il disfacimento dell'impero sovietico allorquando questo si suddivise nelle varie repubbliche sovrane che lo componevano originariamente.
Quella guerra che si combattè in territorio che politicamente apparteneva alla Georgia vide contrapposti da una parte l'esercito regolare georgiano e dall'altra una variegata coalizione composta dai separatisti della piccole repubblica caucasica, l'esercito russo e gli immancabili mercenari ceceni in nome di una fratellanza religiosa.
All'inizio della guerra le piccole comunità neutrali presenti nel paese tornarono precipitosamente nei loro paesi d'origine, compresa la piccola enclave estone che popolava dei piccoli villagi montani.
In uno di questi villaggi è ambientata la storia raccontata dal georgiano Zaza Urushadze: solo Ivo e Margus scelgono di rimanere nelle loro case, separandosi dalle famiglie tornate in patria, il primo per una sorta di legame morboso con la terra il secondo in attesa di poter raccogliere i mandarini dai suoi alberi e  racimolare i soldi per tornare in Estonia.

Quando uno scontro armato si verifica vicino le loro case, i due uomini si trovano a dovere soccorrere due soldati feriti scampati alla battaglia che si trovano su sponde opposte: il mercenario ceceno Ahmed e il georgiano Nika.
Far convivere sotto lo stesso tetto due combattenti convinti un contro l'altro armato sarà durissima, ma il carisma di Ivo, che si comporta coi due come se fossero due figli litigiosi sembra riuscire nell'ardua impresa; nel frattempo però la guerra si fa sempre più vicina al villaggio ormai semiabbandonato.
La lettura pacifista del regista georgiano di quel conflitto che produsse diverse migliaia di morti è priva di retorica; piuttosto è una indagine profonda, descritta con grande equilibrio e sensibilità, del rapporto dell'uomo con la guerra, tutto incentrato sull'irrazionalità  e su integralismi politico-religiosi.
In Tangerine non c'è nulla di eroico, così come la cinematografia ci ha abituato per tanti anni a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: in questo lavoro c'è un confronto tra uomini in cui è il ricorso alla lealtà e all'onore il tassello che tiene unito tutto il racconto.
Il vecchio Ivo si muove nel racconto come un demiurgo che riporta nelle mani dei protagonisti il loro destino, ben al di là di quanto faccia una guerra, appellandosi a quel fondo nascosto di lealtà che alberga in ogni essere.
Il confronto tra i due feriti sotto il tetto di Ivo è a tratti divertente e , nella parte centrale del film, riesce addirittura a far approdare il film verso atmosfere quasi brillanti; il film di guerra, come ormai avviene sovente negli ultimi anni, soprattutto quando racconta conflitti limitati a territori piccoli, diventa un racconto quasi intimo in cui il tratteggio dei personaggi diventa la base della narrazione; niente più battaglie epiche nè atti di eroismo, niente scene da kolossal, bensì una cronaca disincantata, spesso con occhio doloroso, seppur lucido; Tangerine possiede tutto ciò, un piccolo racconto di vite comuni in un conflitto che schiaccia e spazza via tutto.
Il finale ,che nonostante tutto  lascia filtrare qualche raggio di luce, è forse il momento poeticamente più alto di un film capace di toccare le corde giuste in cui il messaggio pacifista risiede nell'appello accorato alla tolleranza e all'onore del singolo individuo.


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