mercoledì 26 marzo 2014

The Land of Hope ( Sono Sion , 2012 )

Giudizio: 7.5/10

Lo tsunami che colpì il Giappone nel 2011, con la conseguente catastrofe nucleare di Fukushima, è stato senza dubbio l'evento più drammatico che ha investito il paese dai tempi della bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki e proprio sul ricordo di quell'evento ha rinfocolato le paure e il terrore che mai avevano del tutto abbandonato il Giappone post-atomico. Nel Cinema l'evento ha portato a frequenti riferimenti raccontati nelle maniere più svariate, proprio perchè l'arte cinematografica in Giappone è sempre stata molto legata alle tradizioni popolari e agli umori sociali del paese.
Che un evento del genere fosse affrontato anche da un regista sempre "eccessivo" ed estremo come Sono Sion non stupisce, già lo fece con Himizu in cui le paure post Fukushima erano raccontate sullo sfondo a complemento di un racconto come sempre crudo e sarcastico sulla società nipponica; con The Land of Hope il regista di Strange Circus riesce però a stupire ancora una volta, in direzione diametralmente opposta a quella a lui usuale. Tralasciando gli eccessi , le ossessioni e i voyeurismi Sono dirige un film che si ispira totalmente alla grande epopea del cinema classico giapponese: il risultato è una opera non solo singolarmente stupefacente da questo punto di vista, perchè fuori dalle consuete corde del regista, ma perchè ci mostra un ribaltamento quasi totale delle prospettive che in tanti lavori precedenti abbiamo visto narrate.

Ambientato in una ipotetica prefettura di Nagashima ( potenza evocativa del nome...) il film narra di un disastro in tutto e per tutto simile a quello avvenuto a Fukushima, ancora freschissimo nella memoria dei protagonisti della storia: una famiglia classica giapponese a forte impronta patriarcale, con una madre irrimediabilmente sopraffatta dal morbo di Alzheimer e un figlio che con la moglie si prendono cura della fattoria di famiglia.
La catastrofe distrugge in un attimo un quadretto famigliare idilliaco, il confine della zona evacuata passa proprio per il giardino della casa e mentre i due vecchi tenacemente si rifiutano di lasciare comunque la casa, i due giovani obbligati dall'anziano uomo abbandonano la città con al seguito contatori di radioattività e la speranza di tornare presto dai genitori.
La notizia della gravidanza della giovane donna protagonista getta la coppia in un vortice di ossessioni e paure che vanno ad aggiungersi a quelle per la sorte dei due anziani che neppure di fronte alla minaccia di uno sgombro forzato cambiano idea.
Sono Sion affronta il racconto armato soprattutto di una visione molto umana che fonda , udite udite ! , sulla forza dei legami famigliari, lui che della istituzione famiglia giapponese è stato forse il più acido e sarcastico narratore, individuata spesso come il male primigenio della società; ma non manca la forte denuncia , al limite della derisione, per le autorità politiche e di polizia, per le lobby industriali e scientifiche, per la cecità di una scelta antiecologista che porta il paese sull'orlo della tragedia nazionale.
Nonostante l'impianto classico del film, in tutti i suoi aspetti, Sono riesce comunque a inserire qualche brandello del suo surrealismo in piccoli e brevi frangenti ( gli steccati, i bambini fantasma che cercano il disco dei Beatles, gli animali che vagano per la città) che lasciano comunque indelebile la sua firma; di contro è capace di regalare anche momenti al limite della commozione , come la scena del ballo tra i due anziani e a inserire scelte narrative molto particolari come il mostrare le zone contaminate perennemente coperte di neve.
L'epilogo, seppur molto delicato, è già qualcosa in cui si riconosce la mano di Sono al punto che rimane difficile capire quale possa essere questa terra delle speranza che evoca il titolo del film: per il regista, nonostante l'incombente presenza di un nascituro figlio della catastrofe, l'ottimismo non ha molto spazio e nonostante le spiagge e il sole del finale è difficile creder che esista un posto dove fuggire e vivere sicuri.

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