sabato 11 maggio 2019

We the Animals [aka Quando eravamo fratelli] ( Jeremiah Zagar , 2018 )




We the Animals (2018) on IMDb
Giudizio: 6.5/10

In We the Animals , rititolato Quando eravamo fratelli in italiano per la sua prossima uscita nelle nostre sale, è un lavoro che contiene al suo interno una sfida ardua e difficile e anche di una certa ambizione: raccontare il mondo dell'infanzia, il  primo approcciarsi alla vita adulta e le trasformazioni che si compiono durante il percorso senza cadere nell'ovvio, nello stucchevole o peggio nel facile sentimentalismo che inevitabilmente le storie di ragazzini si tira dietro, impresa , va detto, piuttosto ardua perchè il mondo cinematografico non pullula di certo di registi che in tale impresa siano riusciti.
Jeremiah Zagar , al suo primo lungometraggio, documentarista con un certo credito alle spalle, riesce in parte nell'impresa realizzando un lavoro che ha certamente buoni spunti e momenti validi, ma anche alcuni aspetti che non convincono totalmente.
Il racconto è imperniato intorno a tre fratelli, di età compresa tra i 10 e i 12 anni, figli di una coppia mista , padre caraibico e madre bianca  americana, che vivono nella campagna , probabilmente della Pennsylvania; la loro esistenza tutto sommato allegra, quando non interrotta dalle frequenti liti tra madre e padre, si impernia sul legame fortissimo che li unisce e che gli permette di poter affrontare la giornate spesso da soli (il padre è sorvegliante presso un edificio industriale, la madre lavora in una fabbrica che imbottiglia chissà cosa e spesso il giorno dorme perchè ha lavorato la notte).


Ma per i tre esser da soli non è un problema, il loro mondo è pieno di loro stessi e dei loro passatempi, un mondo chiuso e arroccato come un fortino inespugnabile che offre loro sicurezza; di contro hanno sviluppato una avversione verso il mondo esterno che si concretizza in piccoli gesti di ribellione e di ostilità.
De tre Jonah, il più piccolo, è quello che sembra avere una personalità più complessa: legatissimo alla mamma, più taciturno, esprime i suoi sentimenti e la sua visione del mondo disegnando nottetempo, sotto al letto, su un quaderno immagini che di sovente prendono vita e vanno diventare parte del racconto dando vita ad uno degli aspetti più interessanti del film.
L'affacciarsi alla vita, oltre al dover sopportare le continue liti e le violenze tra i genitori e le conseguenze che generano, porta anche alla scoperta della sessualità, con i primi impulsi e , per quanto riguarda Jonah , la conferma della sua peculiarità che si esplica in una attrazione omosessuale.
Inoltre We the Animals vive molto su una metafora a dire il vero piuttosto abusata, quella dell'acqua , che prende corpo all'inizio del film quando il piccolo Jonah e la madre si trovano ad affrontare le acque del lago, loro che sono gli unici della famiglia che non sanno nuotare e che il padre spinge con la forza ad avventurarsi nell'acqua.

Di sicuro Zagar ha evitato la trappola più frequente quando si affrontano film con tematiche simili: la pellicola non soffre certo del difetto di accalappiare il sentimentalismo di chi guarda giocando sulle emozioni che una storia di ragazzini allo sbaraglio nella vita potrebbe generare.
Viceversa però il regista calca troppo la mano sull'aspetto poetico sia dell'immagine che del racconto che scivola con troppa facilità dalla durezza di alcune situazioni alla poesia attraverso quello sguardo estatico e filosoficamente profondo, quasi teologico che richiama fin troppo il cinema di Terence Malick, ben oltre il semplice citazionismo, tracimando quasi nello stucchevole, proprio perchè appare chiara in certi frangenti la forzatura.
Insomma la ridondanza che si apprezza in alcuni momenti è francamente eccessiva nonostante il film abbia la sua carica di poeticità intrinseca in alcune immagini e situazioni, negli sguardi dei ragazzini, nell'osservare il loro microcosmo che li contiene e del quale sono i padroni assoluti, motivo per cui nel suo complesso We the Animals va considerato un lavoro in buona parte apprezzabile, lo confermano tra l'altro i numerosi riconoscimenti ricevuti, primo fra tutti quello del Sundance, nel quale però il regista ha voluto troppo calcare la mano su alcuni aspetti.

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