lunedì 6 gennaio 2025

Maria ( Pablo Larrain , 2024 )

 




Maria (2024) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Dopo Jackie e Lady D , Pablo Larrain affronta un’altra figura straordinaria del XX secolo : Maria Callas infatti si pone anch’essa nel cerchio ristretto di figure femminili che hanno lasciato una impronta indelebile nel secolo scorso. 
Non è dato di sapere se i tre lavori facessero parte di una trilogia così strutturata sin dall’inizio, possiamo però dire con ragionevole certezza che la coerenza con cui affronta queste tre figure  è ferrea, soprattutto per la prospettiva che sceglie: niente biopic in senso stretto, bensì uno studio intimo, psicologico , profondo e formalmente elegante  su un preciso momento doloroso delle tre protagoniste con l’intento di mostrarle al di fuori del mito che le circonda.
Il film si focalizza su un momento cruciale nella vita di Maria Callas: il periodo che segue il declino della sua voce e il ritiro forzato dalle scene, aggravato dalla fine della relazione con Aristotele Onassis, sola nella sua casa magnifica di Parigi, in compagnia dei fidati domestici Ferruccio ( l’autista tuttofare) e Bruna , in perenne conflitto con i farmaci dai quale riesce ad ottenere una fallace sensazione di benessere e di forza . 
Questo segmento della sua esistenza è segnato dalla riflessione personale e dalla difficoltà di accettare il distacco sia dal mondo della lirica sia dalla sua identità di "Divina". Attraverso questa fase, il film esplora il conflitto tra il mito e la donna reale, rivelando le ferite e i rimpianti che hanno segnato Maria Callas, mentre cerca di ridefinire se stessa lontano dai riflettori; una lotta continua , strisciante che si consuma nel profondo dell’artista tra il suo ruolo pubblico ( la Callas , la Divina, come ripete svariate volte nel film) e quello privato (Maria).
Larraín non si limita a ricostruire la cronologia degli eventi, ma utilizza l’opera lirica come specchio della condizione interiore della protagonista. Le arie che Callas interpretava, spesso tragiche e intrise di pathos, diventano nel film un commento alle sue stesse esperienze di amore, perdita e solitudine. 
Questo parallelismo è rafforzato da una regia che alterna momenti di grande teatralità ( fra i momenti più belli ed emozionanti della pellicola) a sequenze intime e quasi spoglie, sottolineando il contrasto tra il mito pubblico e la fragilità personale.



Larraín approfondisce lo studio psicologico di Maria Callas con una sensibilità rara; il film si sofferma sul peso delle aspettative che gravavano sulla cantante: l’esigenza di essere sempre perfetta, non solo vocalmente, ma anche nell'immagine pubblica. 
Attraverso una narrazione frammentata e non lineare, con una manipolazione del tempo eseguita con grande efficacia ,il regista svela le cicatrici di un’infanzia segnata da un’ambizione imposta dalla madre priva di scrupoli, la costante lotta per affermarsi in un ambiente dominato dagli uomini e l’impossibilità di conciliare la vita privata con una carriera totalizzante.
La performance dell'attrice protagonista è centrale nella riuscita di questo ritratto: l’interprete ( una Agiolina Jolie straordinaria di cui parleremo in seguito), di cui Larraín esige una recitazione asciutta e priva di manierismi, restituisce con straordinaria intensità l’interiorità della Callas. I silenzi e gli sguardi raccontano tanto quanto i dialoghi, dando vita a un personaggio che vive continuamente in bilico tra il desiderio di libertà e la prigionia della propria leggenda. 
Un elemento cruciale del film è la scelta di Maria di scrivere un'autobiografia, raccontandosi a un giornalista immaginario che guarda caso ha il nome del barbiturico di cui la cantante non riusciva a fare a meno. Attraverso questa autoanalisi, la Callas si confronta con i propri successi, rimpianti e paure, offrendo un ulteriore livello di profondità alla narrazione e permettendo al pubblico di avvicinarsi alla sua essenza più intima.
Uno dei temi ricorrenti del cinema di Larraín è la solitudine del genio, e Maria non fa eccezione, la Callas è ritratta come una donna che appartiene più al palcoscenico che alla realtà, incapace di trovare un’autentica connessione con chi la circonda. 

sabato 4 gennaio 2025

La Beast [aka The Beast aka La Bete] ( Bertrand Bonello , 2023 )

 




The Beast (2023) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Con La Bête, Bertrand Bonello ci consegna un'opera complessa  e visionaria che si muove sul confine tra il cinema di genere e la riflessione filosofica. Il film è un adattamento libero del racconto di Henry James The Beast in the Jungle e ruota attorno a temi complessi come la memoria, il libero arbitrio e il ruolo delle emozioni umane nelle scelte della vita.
Ambientato in un futuro distopico, il film racconta la storia di Gabrielle (Léa Seydoux), una donna che decide di sottoporsi a una procedura tecnologica avanzata per purificare le sue emozioni, ritenute un ostacolo alla piena razionalità e alla serenità. 
Questo processo la conduce attraverso frammenti di vite passate e future, portandola a rivivere momenti cruciali in cui le sue decisioni sono state profondamente influenzate dalle sue emozioni e dai ricordi in un arco temporale di più di un secolo; parallelamente, emerge la figura di Louis (George MacKay), un uomo enigmatico con cui Gabrielle ha un legame intimo e ineluttabile che trascende il tempo.
L'Intelligenza Artificiale occupa un ruolo centrale nel mondo distopico di La Bête. La procedura tecnologica a cui Gabrielle si sottopone per "purificare" le sue emozioni rappresenta l'apice del controllo tecnologico sull'individualità umana. 
Attraverso questa tecnologia, Bonello esplora il conflitto tra l'aspirazione a un ordine razionale e la natura caotica delle emozioni umane. L'IA incarna sia la promessa che la minaccia di un'utopia priva di sofferenza: una società apparentemente perfetta ma che, nel processo, sacrifica ciò che rende gli esseri umani unici. 
Gabrielle diventa così il simbolo di una resistenza intima e personale contro l'omologazione, abbracciando le sue emozioni come parte irrinunciabile della sua essenza. Questa visione critica pone interrogativi profondi sull'etica del progresso tecnologico e sul rischio di perdere l'autenticità dell'esperienza umana in nome di una falsa perfezione.



La memoria è il cuore pulsante di La Bête, Bonello esplora l’idea che i ricordi non siano semplicemente tracce del passato, ma elementi fondanti dell’identità umana. Attraverso i viaggi temporali di Gabrielle, il film mostra come ogni decisione sia radicata in una rete intricata di emozioni e memorie, rendendo impossibile separare razionalità ed esperienza emotiva. 
La tecnologia del futuro che promette di purificare le emozioni è, in realtà, una minaccia all’umanità stessa, poiché elimina l’autenticità delle scelte personali.
Contrariamente alla distopia tecnologica in cui le emozioni vengono percepite come una debolezza, Bonello le celebra come la vera bussola dell’esistenza. Le emozioni, anche quelle dolorose, definiscono il significato della vita di Gabrielle e diventano il motore del suo rapporto con Louis. La scelta finale della protagonista – se rinunciare ai suoi ricordi e alle sue emozioni o abbracciarli – rappresenta un atto di resistenza contro un mondo che cerca di uniformare e controllare gli individui.
Il titolo stesso – La Bête – allude a una forza primordiale che risiede in ognuno di noi, una commistione di desideri, paure e istinti che non possono essere domati. La “bestia” rappresenta la parte più autentica e incontrollabile dell'essere umano, quella che sfugge a ogni razionalizzazione e riflette l'essenza dei conflitti interiori. 
Per Gabrielle, questa “bestia” non è solo una manifestazione della vulnerabilità delle emozioni, ma anche una fonte di potenza e autenticità. Bonello sembra suggerire che accettare e confrontarsi con questa forza primitiva sia cruciale per comprendere se stessi, abbracciare le proprie contraddizioni e vivere pienamente l’incertezza della vita.
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