L'accorato, addirittura commosso, appello fatto da Sabrina Baracetti, direttrice del FEFF, al termine della serata conclusiva della rassegna udinese, fotografa alla perfezione la situazione nella quale la manifestazione è costretta a dimenarsi per poter mettere in piedi un Festival degno di tal nome. L'anno scorso fummo salutati con la previsione nefasta che le troppe nubi che aleggiavano sul FEFF ne avrebbero addirittura compromesso lo svolgimento, per fortuna anche quest'anno la kermesse è andata in porto , ma in fase di commento conclusivo non si può non tenere conto di questa situazione difficile in cui gli organizzatori sono stati costretti a lavorare. La premessa è d'obbligo , soprattutto per confutare quelle che sono state alcune delle critiche mosse al FEFF quest'anno e cioè che si sia trattato di una rassegna in tono minore e qualitativamente scarsa: l'essere riusciti comunque a mettere i piedi un festival di buon livello, perchè così è stato in effetti, ne amplifica il giudizio positivo finale per lo meno riguardo al programma. Vero che non c'erano i grandissimi nomi che avevano caratterizzato con la loro presenza ad Udine le edizioni scorse e vero anche che le selezioni di alcuni paesi, ad esempio il Giappone, hanno lasciato parecchio a desiderare,ma è vero anche che la qualità media dei lavori presentati è stata tutt'altro che disprezzabile.
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