Giudizio: 6.5/10
Lotta per il potere e colletti bianchi
Lotta per il potere e colletti bianchi
Inseguendo una tipica tendenza modaiol-cinematografica che cerca costantemente di ribattezzare ogni pellicola come la variante di un precedente classico, New World del regista coreano Park Hoo-jung si è visto appioppare epiteti come " Il Padrino alla coreana" oppure "La versione coreana di Infernal Affairs" o amenità simili. La verità, semplicissima, è che New World è una classica, forse anche banale, per chi è in cerca di originalità a tutti i costi, gangster-story nuda e cruda, priva di tutte quelle frequenti e spesso fastidiose sovrastrutture narrative con cui il cinema coreano infarcisce le crime-story.
La storia è tutto sommato semplice: la lotta che si scatena all'interno di una organizzazione malavitosa dai colletti bianchi nel momento in cui il capo supremo è in punto di morte; i due delfini, così diversi e così nemici, si scontrano senza neppure troppo ritegno, il luogotenente più fidato di uno dei due è ormai da otto anni un inflitrato della polizia ed ha raggiunto i vertici dell'organizzazione grazie alla sua intelligenza ed efficacia, la polizia stessa cerca di manovrare nell'ombra i destini dell'organizzazione e lo fa senza alcuno scrupolo , mettendo a repentaglio anche l'incolumità dei suoi uomini.
La lotta per il potere, aspra e che non risparmia nessuno, sembra volere favorire proprio l'infiltrato, mettendolo però nella difficile situazione di dovere tradire quello che è stato il suo boss nonchè amico da vecchia data.
Il finale, naturalmente ricco di prolissità come è nello stile coreano, risulta fin troppo aperto, nella sua drammaticità, tanto da avvolare l'ipotesi che ben presto avremo un New World 2.
Il regista Park, comunque, mostra mano ferma nel disegnare le strategie e le lotte intestine che ribollono sotto la granitica struttura malavitosa: è una lotta per il potere, senza scampo , cattiva e che colora il film di tinte cupe cui la polizia risponde usando metodi simili.
La figura dell'infiltrato , soprattutto nella seconda parte della storia, si staglia come quella più profonda, combattuto tra una amicizia impossibile, il dovere di uomo di legge e la speranza di potere uscire dal circolo infernale in cui è racchiuso e che deve fare ricorso alle doti più nascoste per salvare se stesso man mano che i sospetti iniziano a serpeggiare nella organizzazione.
Come gangster story New World funziona, anche grazie alle atmosfere cupe e al racconto dalle tinte sudicie, regala qualche bel momento e nel complesso possiede una struttura che alimenta la storia in un crescendo lento ma costante, affidandosi a due personaggi che tendono a far saltare il banco in continuazione : il malavitoso Chung, unico rappresentate dell'organizzazione che disdegna i colletti bianchi insozzati di sangue in favore di un look sgargiante un po' retrò da boss Hkese e il capo Kang, poliziotto privo di scrupoli, pronto a sacrificare i suoi uomini per di smantellare il gioco dei potere messo in atto.
Ne deriva che i due attori che più rimangono impressi sono l'Oldboy Choi Min-sik, tornato ormai da un paio di anni a livelli degni di nota e Hwang Jeong-min che con la sua imprevedibilità da spessore al boss Chung; buona anche la prova di Lee Jung-jae nella sua lenta ma inesorabile caduta all'inferno.
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