Giudizio: 7/10
Il confine tra realtà e finzione
L'inizio è di quelli abbaglianti: un lungo piano sequenza segue dall'alto una carrozza che si avvicina ad una villa dove, tra costumi settecenteschi e parrucche , si celebrano dei matrimoni all'insegna del kitsch e del pacchiano.
Siamo a Napoli, e la scena iniziale apre un racconto in cui , da subito, la finzione diventa protagonista: tra applausi, ospiti beceri, travestimenti, urla e deliri da stadio spunta quasi per caso Luciano, un pescivendolo dall'innata simpatia tipicamente partenopea che si diverte con travestimenti ed anima le feste di matrimonio, con tanto di famiglia al seguito.
E' proprio la simpatia e la spigliatezza dell'uomo che lo spingono , anche su pressioni calzanti della famiglia , a partecipare qualche giorno dopo ad un provino per il Grande Fratello cui segue una ulteriore selezione a Roma, a Cinecittà, quella che una volta era la mecca del sogno cinematografico italiano.
Convinto di aver colpito la giuria e di essere stato assoldato per entrare nella famigerata casa, Luciano diventa l'eroe del quartiere popolare dove vive dando inizio ad una assurda quanto catastrofica escalation nella sua vita.
Ossessione montante, perdita del contatto con la realtà, sprofondamento in un mondo parallelo, alienazione ancorata ad una vita finta che sublima i sogni sono le forze propulsive di una storia che non è , come qualcuno ha frettolosamente decretato, una caustica denuncia del potere della TV, bensì una storia di divaricazione tra la realtà e la finzione; la Tv semmai è il volano che amplifica questa dicotomia , che da in pasto l'humus necessario per nutrirsi.
La realtà del rione napoletano coi suoi vetusti palazzi oscuri ma pullulanti di vita, la caratterizzazione dei personaggi, il continuo oscillare tra vero e finto, il lento adagiarsi su tono surreali offrono i migliori momenti del film, in cui Garrone dimostra ancora la sua indubbia capacità di essere originale nella regia; di contro, l'intromissione dei sentimenti e della religione e il ricondurre la traccia su sentieri più logici ed ortodossi tendono a scolorire il racconto e per fortuna il finale, quasi onirico e beffardo nella sua irrealtà,sottolineato dalla isterica e prolungata risata del protagonista, chiude il cerchio su un mondo in cui i confini tra il reale e la finzione, il quotidiano e lo straordinario sono sempre più labili al punto di essere facilmente superati senza quasi alcuno sforzo.
Reality, che ha ottenuto a Cannes il prestigioso riconoscimento del Gran Premio della Giuria, è insomma lavoro che si fa apprezzare ad un livello però non così elevato come molta critica, ahimè soprattutto festivaliera come fu anche per Gomorra, ha voluto far credere; l'aspetto sociale di denuncia sarcastica sul ruolo della TV, che esalta i critici salottieri, è francamente sovrastimato; Reality è decisamente più un racconto intimo di follia che nasce dalla divaricazione tra gli spazi temporali, pericoloso aspetto dei nostri tempi.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.