Il lato noioso della guerra
Terzo lavoro per Jang Hoon, regista di scuola kimkidukiana, che dopo il buon Rough cut e l'incostante Secret reunion, prende di petto la guerra di Corea, su una sceneggiatura di Park Sang-yeon lo stesso che scrisse Joint Security Area di Park Chan-wook.
Il racconto è ambientato nella fase finale della guerra, quando regnava una sostanziale fase di stallo alimentata solo da piccole scaramucce territoriali.
Un ufficiale vine inviato al fronte per indagare su alcuni strani episodi avvenuti nei pressi della Collina Aero-K nei quali si sospetta la mano di alcune spie del Nord; all'arrivo l'ambiente non è certo di quelli più affidabili: ufficiali morfinomani, insubordinazione galoppante, ambiente che cela drammi personali al limite della follia, cinismo estremo che contagia anche il vecchio compagno d'armi del protagonista rincontrato qui ai piedi della collina.
L'indagine ben presto lascia il posto al racconto di una guerra di cui si descrive il lato più devastante, all'interno della quale c'è spazio per una strana solidarietà tra nordisti e sudisti che si consuma intorno ad una buca scavata nelle grotte che fungono da trincea nel ventre sotterraneo della collina che periodicamente passano di mano dopo le battaglie: i comunisti lasciano lettere per i parenti al sud in cambio di agognate bottiglie di alcool e di altre regalie.
La storia, tra battaglie sanguinose ben rese sullo schermo, cecchini donna infallibili, chiarissima citazione kubrickiana piuttosto gratuita, ovvietà da tipico film di guerra giunge alla firma dell'armistizio che non cancella gli orrori intorno alla collina.
Ben lungi dal dare fiato all'episodio degli scambi tra truppe nemiche che avrebbe potuto condurre a situazioni sicuramente più originali ed interessanti, all'interno di una veduta più ampia sull'assurdità di una guerra fratricida, il regista sceglie la linea narrativa dell'imparzialità asettica, libera dalla dicotomia classica buoni-cattivi, senza schierarsi, che dovrebbe portare ad uno sguardo più neutrale e quindi più rivolto all'aspetto esistenziale ed umano della guerra, con risultati però molto deludenti, insistendo sulla centralità della collina, altro luogo comune abusatissimo e rinunciando ad indagare sulle figure dei vari soldati che risultano appena abbozzate, ad esclusione del soldato andato fuori di testa per un episodio avvenuto qualche tempo prima.
Il risultato insomma è un film che si gioca malissimo le buone carte che aveva, insistendo invece sugli aspetti meno interessanti; e anche riguardo alla irrazionalità e alla inutilità della guerra il lavoro non regala niente di nuovo, affidandosi solo all'esecrazione e alle situazioni che trafugano le emozioni, riuscendosi tra l'atro, visto che The front line ha ottenuto il terzo premio nella classifica dei voti del pubblico.
Non stupisce invece più di tanto il poco brillante risultato ottenuto al box office in patria, essenzialmente per la scelta di neutralità, nonostante la schiera di attori famosi impegnati nel cast ed il budget non certo risicato che Jang ha avuto a disposizione.
In conclusione The front line , oltre ad essere una colossale occasione persa, è una vuota riedizione di film bellici al quale il regista non è stato in grado di donare, nelle oltre due ore di durata, alcun tipo di impulso veramente originale; semmai, nonostante i decibel sparati da cannoni e bombe, quello che emerge è solo noia.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.