Giudizio: 6/10
L'amore al tempo dei transgender
Esponente d'avanguardia del cinema thailandese , dotata di una forte carica dissacrante e provocatoria, Tanwarin Sukkhapisit giunge al suo terzo lungometraggio con questo It gets better, storia in cui travestitismo, transessualismo e ambiguità sessuali fanno da sfondo prepotente a tre binari narrativi che vivono di vita propria per poi convergere verso un punto finale pur senza fondersi veramente.
Un maturo transessuale che torna nella sua città natale per ritrovare il padre e che cade sotto i colpi dell'amore, un giovane che riceve in eredità dal padre la gestione di un vivace locale in cui recitano tutti ( o quasi) trans e che è fermamente intenzionato a venderlo, un giovane che viene mandato in convento (buddhista) dai genitori per via dei suoi ambigui gusti sessuali e che prova una fortissima attrazione omosessuale per un monaco.
L'inizio è indubbiamente coloratissimo, la passerella di travestiti e transessuali che cercano in tutti i modi di ingraziarsi il giovanotto neo-proprietario con lo scopo di evitare la vendita del locale è indubbiamente efficace e divertente, così come il trambusto e la confusione che subentrano in lui nel momento in cui si rende conto di essere attratto da una delle ragazze, nello stesso modo in cui lo era il padre; anche il sottile tormento che pervade il trans che ritorna nei suoi luoghi d'origine per un po' accalappia l'interesse, ma poi per larghi tratti il film perde quella brillantezza con la quale aveva iniziato e si adagia sulle tracce narrative che non sempre sono ben delineate e strutturate, soprattutto quando cerca di andare a scavare sul disagio famigliare che provoca il sentirsi diverso; vero che la regista è brava ad evitare situazioni macchiettistiche, ma l'inizio brioso, tutto giocato su dialoghi e battute, faceva gustare un prosieguo del film più interessante invece che l'approdo verso atmosfere quasi sovrannaturali da Unclee Bonmee.
Che poi nel contesto del racconto si voglia leggere un inno alla tolleranza sessuale, alla caduta dei preconcetti sui "diversi" e alla omogeneizzazione della capacità di amare e di provare sentimenti a prescindere dalle scelte di campo sessuali fatte va tutto bene, però tutto ciò sembra andare troppo a discapito di una trasgressività e di una ironia che avrebbero potuto senz'altro regalare qualcosa in più.
Il film comunque si lascia vedere, regalando anche bei momenti e la regia della Sukkhapisit è complessivamente equilibrata, molto legata ai colori e ai personaggi, alcuni dei quali, seppur in ruoli minori, hanno il loro impatto sulla storia.
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