venerdì 18 maggio 2012

Kentut ( Aria Kusumadewa , 2011 )

Giudizio: 6/10
Appesi ad un filo...d'aria

Quando un titolo porta con sè già la curiosità capace di stuzzicare l'interesse del cinefilo, a maggior ragione quando questo titolo ( " scorreggia") vede dietro la macchina da presa Aria Kusumadewa, talentuoso regista indonesiano apprezzatissimo un po' dovunque: con questo lavoro, che tenta di miscelare satira politica e ritratti sociali ,il regista cerca di mettere in scena l'odierna Indonesia, paese percorso da tumulti , ribollente e per questo fucina di di storie interessanti.
La scelta del titolo anzitutto, ma anche lo svolgimento della storia, indicano subito la strada che Kusamadewa intende tracciare: satira , sarcasmo colorato di scurrilità, denuncia di usi e costumi.
Il pretesto per raccontare tutto ciò è il racconto di una competizione elettorale di provincia nella quale sono impegnati due personaggi, con relative corte dei miracoli , che vogliono essere lo specchio del paese: l'austera candidata borghese  e il populista fracassone di rosso vestito che, con neppure troppa fantasia, potrebbe risultare una bella parodia del Berlusconi nostrano, edonista, incurante delle implicazioni economiche, convinto assertore del carpe diem.

Prima parte del film incentrato sulla campagna elettorale che è lo specchio dei due candidati: austera  e rigorosa l'una, chiassosa e cialtrona l'altra,  che culmina in un dibattito televisivo a dir poco surreale, nella quale il regista si prende gioco della politica e dei politicanti.
Poi la candidata donna viene ferita in un attentato, operata e per poter dire che sia fuori pericolo bisogna aspettare che scorreggi.
Ecco allora che l'ospedale si trasforma in un teatrino in cui rappresentanti di entrambi le fazioni si affollano: capi religiosi in preghiera, venditori ambulanti, ciarlatani, fattucchiere e così via in un infinita e colorita rappresentazione della società indonesiana.
Deus ex machina finale che forse per la prima volta nella storia del cinema non ha un volto, bensì il roboante rumore di una vigorosa emissione di gas intestinale.
Il sarcasmo e la satira con la quale il regista descrive dapprima gli ambienti da politicanti e il colore e l'animazione col quale poi disegna i vari aspetti sociali del paese trovano forza in una ricercata scurrilità, inevitabile visto l'argomento ed indubbiamente la descrizione dell'ospedale trasformato in un serraglio umano risulta efficace; però alla fine il film pur divertendo in qualche passaggio e in qualche personaggio (qualche capo religioso, il responsabile della sicurezza dell'ospedale) sembra possedere poca sostanza , piegandosi spesso ad una logica ridanciana fine a se stessa.
Nel complesso il film vale la visione, ma non credo che possa essere considerato come lavoro da ricordare nei tempi; forse lo salva il titolo che invece rimarrà impresso nella mente per molto tempo.










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