La libera interpretazione della legge
Ambientato nel 2007, Unbowed racconta un fatto realmente accaduto: la battaglia giudiziaria di un professore universitario, rimosso dalla sua carica per avere denunciato un errore in un esame di ammissione all'università.
In seguito a tale episodio il professore affrontò con una balestra un giudice che si stava occupando del suo caso: per spaventarlo secondo lui, per ucciderlo, e lo ferì solamente, secondo l'accusa.
Su questo duplice aspetto della realtà , il film si struttura come un legal thriller in perfetto stile, con tanto di processo e ipotesi accusatorie e difensive, in fondo alle quali emerge quella che è l'applicazione e l'interpretazione aleatoria e personale della giustizia nelle sue sfumature più profonde.
Il film si presenta quindi fondamentalmente come un racconto di denuncia sul libero arbitrio, molto strutturato tecnicamente, che va al di là della riflessione sulla fiducia nella giustizia e nei giudici, che cerca di esplorare le pieghe più recondite dei codici e delle procedure.
Intorno a questo nocciolo prettamente tecnico-legale si costruisce la storia in cui hanno spazio il solito avvocato ubriacone , la reporter che lo fiancheggia (e non solo), la famiglia dell'accusato, la realtà carceraria, la prepotenza del potere, in una serie di situazioni di contorno molto stereotipate che troppo spesso appaiono quasi come orpelli assolutamente pleonastici.
Se dal punto di vista tecnico- filosofico il film ha il suo valore, nel suo complessivo sviluppo lascia alquanto a desiderare, proprio perchè diviene una rassegna di situazioni viste già mille volte, a conferma che il legal thriller è genere alquanto difficile da gestire con risultati apprezzabili.
Il messaggio del film arriva comunque chiaro e tondo: applicare la legge è troppo spesso esercizio in cui il libero arbitrio e l'interpretazione possono diventare ancore di salvezza per chi vuole nascondere la verità o non scoprirla fino in fondo; semmai quello che manca è una chiara scelta del registro narrativo troppo spesso nel guado tra cronaca, giallo giudiziario e dramma personale, col risultato di offrire una pellicola che non convince pienamente, troppo altalenante e discontinua.
A rendere il film se non altro sufficiente ci pensano comunque gli interpreti: Ahn Sung-ki nel ruolo del professore regala una bella interpretazione, intensa al punto giusto e Park Won-sang nel ruolo dell'avvocato, riesce comunque a superare le difficoltà di un ruolo scontato oltre misura, con una prova convincente.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.